Robert Scott lavora per le forze speciali, quelle a cui è riservato il lavoro sporco della guerra invisibile che ogni giorno puntella o minaccia gli equilibri politici del mondo. E' preparato, efficente, ha esperienza e non discute gli ordini. Il suo compito è scoprire chi ha rapito Laura Newton, popolarissima figlia di un importante uomo politico. Insieme alla matricola Curtis si mette al lavoro e arriva molto vicino a Laura, caduta nelle mani di un'organizzazione che rapisce ragazze nordamericane belle e bionde per farle prostituire nei  bordelli di lusso del Golfo Persico. La sua missione viene sospesa: Laura è stata ritrovata annegata e lui può tornarsene nella sua casa in campagna ad aspettare la prossima sanguinosa avventura. Ma scopre presto qualcosa che lo fa passare immediatamente all'azione. Questa volta solo contro tutti.  

Ecco, taciuti i colpi di scena, la trama di Spartan. David Mamet, a diciotto anni dal suo straordinario esordio alla regia con La casa dei giochi (1987), firma con questo il suo decimo lungometraggio. Lo scrittore di Chicago ha quasi sessant'anni, con all'attivo un'onorata carriera di drammaturgo e una trentina di sceneggiature per il cinema. Con un simile stato di servizio si può concedere qualsiasi tipo di esperimento con i generi e in particolare con il genere con cui da sempre ha un rapporto privilegiato, il noir. Se già La casa dei giochi era uno strano e perfetto film in cui, tra bische clandestine e sedute d'analisi, la realtà continuava a mutare mostrando facce sempre più pericolose e incontrollabili, con Homicide (idem, 1991) Mamet realizzava un palese omaggio alla classicità del genere con un poliziesco teso e ben ambientato, arricchito da una sceneggiatura abilmente congeniata ed originale.

In Spartan l'attenzione di Mamet si focalizza sul mondo parallelo dei servizi segreti e della lotta per il potere, quello vero. E il suo esperimento consiste nel fare un film d'azione che rispetti i tempi e i modi del thriller, con un punto di vista disincantato e crudo (realistico?) della realtà del mondo, noir in una parola. Bisogna dire che l'esperimento riesce solo in parte. Spartan è ben girato, essenziale nel raccontare, impreziosito da una fotografia cupa e bellissima... ma resta la sensazione che questa volta Mamet non sia riuscito ad andare così a fondo nei temi della storia che racconta come è di solito abituato.

La storia parte da un buono spunto, che consentirebbe di fare un discorso più in profondità sulla a-moralità della vita politica, ma si perde un po' troppo in agguati e sparatorie, anche se ottimamente filmati. Non c'è dubbio che Mamet cerchi di inquadrare in modo diverso una storia velenosa di soldati e corruzione, ma forse il problema sta nel fatto che è un film realizzato tecnicamente troppo bene per non sembrare solo un film d'azione; o forse nel fatto che il volto di Val Kilmer è veramente troppo adatto per incarnare un superominide sparatutto americano, per non credergli fino in fondo...

Alla fine Spartan è sicuramente un buon film che riesce a coinvolgere nella sua trama, ma da Mamet e da un soggetto del genere ci si poteva forse aspettare di più. Alla classe innegabile non si è unita questa volta la giusta spontaneità.