La nostra galleria di detective lady si arricchisce di un altro personaggio: la signorina Kathy Mallory della polizia di Manhattan protagonista di Come una bambola di stracci (e non solo) di Carol O’Connell, Piemme editore 2006. Andiamo al sodo “Manhattan. La galleria d’arte è avvolta dalle note di musica jazz che si intrecciano piacevolmente alle chiacchiere degli invitati. Al centro della sala un’opera in particolare cattura lo sguardo. Sul pavimento c’è un corpo inerme, accasciato, con gli occhi sbarrati e rivoli di sangue che scorrono riversandosi a terra. Sul petto dell’uomo un cartellino indica il titolo dell’opera: “Morto”. In realtà non si tratta di un’opera ma di un omicidio. Per essere più precisi di Dean Starr, professione artista. Ucciso con un rompighiaccio. Incontro tra il critico J. L. Quinn e il sergente Riker. Il quale Riker gli chiede se ha letto l’articolo di Andrew Bliss che ha una sua teoria sulla evoluzione della storia dell’arte: prima i graffitari (l’artista che attacca l’architettura), poi i vandali che hanno rovinato il lavoro degli altri (l’artista che attacca l’arte) ed ora con l’assassino di Dean Starr l’artista che attacca l’artista.

Aggiunge che è stata spedita alla polizia una lettera senza firma insieme al ritaglio dell’articolo di Bliss. In essa si fa notare il legame tra questo omicidio ed uno precedente in cui aveva trovato la morte sua nipote (di Quinn) Aubry, ballerina, insieme allo scultore Peter Ariel.  I loro corpi erano stati ritrovati senza vita intrecciati in un’unica statua di morte. Era stato accusato Oren Watt che aveva addirittura confessato, ma la confessione, secondo la lettera, era falsa. Scontro tra Mallory e il tenente Jack Coffey per riaprire le indagini su questo vecchio delitto. C’è anche il suo superiore Blakely (colluso con la mafia) che si oppone ed era stato proprio lui che aveva tentato di far archiviare quella indagine al padre della stessa Mallory che allora conduceva l’inchiesta. Ulteriore scontro tra la polizia e i federali dell’F.B.I. Mallory praticamente demolisce l’ipotesi dell’F.B.I. secondo la quale l’assassinio non era pianificato. L’arma usata era più lunga di quella trovata sul luogo del delitto che, a suo avviso, è “Molto meditato e programmato”. Possibili moventi: ragione economica, vendetta, collegamento con gli ambienti della droga.Viene ucciso anche il gallerista Koozeman con un colpo alla fronte inferto, questa volta, con il rompighiaccio del barista. Quindi un delitto non programmato. Perché? Ricostruendo mentalmente il vecchio delitto Mallory giunge alla conclusione che non si tratta dell’opera di uno solo. E tanto basta. Il resto cuccatevelo da soli.

Due cosette su alcuni protagonisti.

Il proprietario della galleria Avril Koozeman ha il cinquanta per cento dei diritti sulle vendite dei quadri di Starr. Dopo la sua morte alza il prezzo delle sue opere.

Emma Sue Hollaran, presidente della Commissione arredo Urbano, decide come finanziare i fondi per le opere destinate ad abbellire la città. Brutta da far paura sempre sotto i ferri del chirurgo plastico. Innamorata di Gregor Gilette il padre di Aubry la ragazza uccisa e marito di Sabra impazzita e scomparsa dopo la morte della figlia.

Andrew Bliss alcolizzato critico d’arte si è piazzato su un attico da dove motteggia tutti quelli vestiti male (secondo lui).

Ma a noi interessa Kathy Mallory, venticinque anni, figlia adottiva dell’ispettore Markowitz e di Helen, ora defunti. Una bella ragazza elegante “Era alta e indossava scarpe da corsa nere di ultima generazione, jeans firmati e una maglietta di seta. Sulle spalle del blazer di cashmere, portava un lungo soprabito nero. Il taglio dei capelli veniva da un salone della Cinquantasettesima Strada, Quinn ci avrebbe scommesso tutto il suo patrimonio. Ma non il colore perché quella straordinaria creatura era una bionda naturale, della sfumatura oro brunito”. E ancora “La segretaria la scrutò dalla testa ai piedi, soffermandosi sulle scarpe da corsa di marca e sugli occhiali firmati”. In ogni caso attraente con qualsiasi capo di abbigliamento “Gregor la condusse in cucina e le offrì un caffè, notando che il passaggio dall’abito ai jeans non le aveva tolto un grammo di fascino”.

Da aggiungere occhi verdi e, sempre secondo Quinn, priva di anima. Il patologo capo Edward Slope addirittura si inquieta per la sua freddezza. Ha frequentato buone scuole, determinata, decisa. Vuole essere chiamata semplicemente Mallory. Temperamento focoso tenuto a freno da una buona educazione “La rabbia covava ancora sotto le ceneri delle buone maniere. Era stata Helen Marcowitz, la madre adottiva, a insegnarle il galateo. Da quando quella donna era morta quattro anni prima, Mallory non aveva mai dato segno di contravvenire ai suoi precetti”. Non ci sta ad essere corteggiata. Nel momento in cui Daily, un collega, cerca di farsi sotto basta lo sguardo per fargli “rattrappire i testicoli” e quando Quinn le mette una mano sul braccio per trattenerla lei “lo gelò con lo sguardo” oppure lo guarda “come un rifiuto di fogna”. Tiene testa anche al suo superiore, il tenente Jack Coffey che vorrebbe sottometterla. Il dialogo è un vero e proprio duello dialettico. Alla fine, comunque, la spunta Mallory. Vuole condurre una indagine sul vecchio caso insieme al sergente Riker. Resa incondizionata “Okey, ragazzi. Potete fare a modo vostro”. E tiene testa anche al superiore del suo superiore, quel Blakely legato alla mafia, che però gliela fa pagare cara facendole bruciare la casa. Non vende la casa di Brooklin dove aveva abitato suo padre al quale era molto legata. Genio del computer, ne conosce tutti i segreti. Educazione rigida, molto sensibile, di scarsi sorrisi. Un mistero.
Quinn “Una volta aveva chiesto a Riker cosa facesse Mallory nel tempo libero, e il detective gli aveva risposto che probabilmente si chiudeva in un armadio, appesa a testa in giù come un pipistrello”. Bel paragone. Mi ha fatto sorridere. Resistentissima. Riker “Mallory, che aveva passato la notte sul tetto, era fresca come una rosa. Ma quando dormiva quella ragazza?”. Cosa sacra la puntualità. Balla divinamente. Per conoscere la personalità di un personaggio a volte basta osservare la casa in cui vive. Chi non ricorda il “nido” pulito (direi asettico) e ordinato di Poirot? Tutto è quadrato, dalle stanze alla scultura che è nel salotto, dal quadro (giustappunto) moderno alle forme geometriche delle lampade e dei mobili. Non esiste nulla che possa avere parvenza di curva. Se il piccoletto belga fosse andato nella residenza di Holmes si sarebbe sentito male. Davanti alla libreria piena di libri messi a casaccio sarebbe cascato letteralmente per terra.

 

Bene, osservando quella di Mallory “Nulla trapelava della personalità di chi ci viveva. Tutto era anonimo, spartano, discreto. Non si vedeva un libro né un oggetto. Come se lì dentro abitasse una macchina”. Lei stessa sembra rendersene conto “Mallory si guardò attorno domandandosi cosa vedesse l’uomo nel suo salotto.

Ordine, simmetria e mancanza assoluta di oggetti personali”. Più avanti confronto perdente con suo padre “Al contrario di suo padre, Mallory non sapeva immedesimarsi negli altri. Non conosceva l’empatia, quel dono che permette di comprendere a fondo le altre persone”. Allevata secondo due religioni: quella ebraica e quella cattolica. Quattro anni di scuola dalle suore. Sa giocare a carte. Non ama i liquori. Se deve bere beve il vino. Poi c’è un piccolo segreto della sua vita che lascio scoprire ai lettori. Solo alla fine sembra sciogliersi “Charles sentiva il suo respiro sulla pelle, i suoi capelli che lo sfioravano e un profumo di fiori esotici che non crescevano a New York. Gli era sempre più vicina e lui annegò nel verde dei suoi occhi, sempre più grandi. Lei posò le labbra sulle sue, dolcemente, scatenando in lui una paralizzante corrente elettrica  che gli inondò il corpo di un caldo sfarfallio. E lui la baciò”. Sarà l’inizio di una storia d’amore?

In concreto abbiamo la solita situazione familiare disgraziata (orfana di genitori adottivi), una detective lady più giovane del solito, in linea con quelle eleganti o che comunque tengono alla loro persona.

Niente grilli per la testa, niente amori.

Il personaggio ha riscosso un vero e proprio successo per la sua storia passata (piuttosto burrascosa di piccola ladra), per il suo carattere chiuso e un po’ misterioso e per i suoi occhi di “ghiaccio”. Una vera “tosta”, “dura come il granito”. Me ne sono accorto spigolando qua e là in internet dove ho incontrato un bel numero di suoi aficionados. Credo che il successo sia dovuto in buona parte a questa sua “chiusura” sentimentale. Una bella “furbata” (se di furbata si tratta) dell’autrice che tiene il lettore in sospeso su quando questi occhi di ghiaccio si scioglieranno. E funziona.

 

Spazio libero

 

C’è il boom delle gialliste. Ormai se ne trovano a bizzeffe come ho dimostrato (in minima parte) con il mio primo articolo. Se non ci si sta attenti si pestano. La spiegazione del loro successo?

Su Noir n°7 del settembre 2006 sentite cosa ci dice la tedesca Beatrix Kramlovsky, presidente della “Sisters in Crime”: “Non credo che le donne scrivano meglio degli uomini, tuttavia osservano il mondo in modo differente, si interrogano sulle circostanze, sono più portate a chiedersi perché e come un evento si sia verificato. L’azione per noi gialliste è solo uno degli aspetti della nostra scrittura e, se mi è concesso generalizzare, ciò non vale per gli uomini. La ragione per la quale le donne hanno tanto successo (e ancora non siamo arrivate dove vorremmo: vogliamo presidiare la metà del mercato, ottenere la nostra metà di recensioni e di promozione!) è semplicemente dovuta al fatto che i tre quarti del lettorato è composto da donne. Senza contare il bisogno di molte di noi di udire storie che ci aiutino a leggere dentro o che almeno ci consentano di evadere dal quotidiano”. Che cosa ne pensate? Se qualcuno vuole iniziare una discussione su “Forum” sono pronto a intervenire. Assicuro risposte anche ad altre domande.

 

Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it