Fedeli alla nostra vecchia promessa di gettare, ogni tanto, qualche sguardo indagatore sulle “fiction” non poliziesche cogliamo l’occasione per segnalare, in tempi natalizi dediti alla gastronomia, la perfetta (?) ricetta per un prodotto televisivo dall’alta commestibilità.

Si prenda un’epoca di grande appetibilità come quella del “boom” economico italiano e la si racconti come un grande affresco popolare, sulla falsariga di La meglio gioventù con cui, come già notato da Aldo Grasso sul Corriere della Sera, Raccontami ha in comune uno degli sceneggiatori (Stefano Rulli).

Siccome non siamo capaci di trovarci gli ingredienti base in casa (leggi format), si provveda alla bisogna, importandone uno di successo dalla Spagna dalla quale abbiamo già preso con fortuna Un medico in famiglia e I Cesaroni e il meno arzillo Giornalisti (già, chi se lo ricorda più questo flop di qualche anno fa?).

Ogni operazione nostalgia che si rispetti ha poi bisogno di un’accurata ricostruzione scenografica: fedeli alla ritualità di Anima mia (celebrata dai due sacerdoti del “come eravamo” Fazio-Baglioni) si spezi il tutto con un’abbondante dose di modernariato (Seicento Multipla, macchina da cucire Singer, fonovaligie, televisori extralarge, tavoli di formica, canotte bianche su muscoli non ancora anabolizzati) e, Sapore di mare vanziniano docet, con un’accattivante colonna sonora, rigorosamente d’epoca.

Si prendano poi due attori “piacioni” – il Massimo Ghini, sdoganato sul versante comico-realistico dai due ultimi cinepanettoni con De Sica figlio, e la Lunetta Savino, regina ormai incontrastata con Nonno Libero di Un medico in famiglia – e li si metta a soffriggere con una sfornata di attor giovani (o quasi) e con qualche caratterista preso di peso dalla tv (Max Giusti) che, purtroppo, sembra aver scambiato il set di Raccontami per una puntata di Quelli che il calcio.

Si lasci a cuocere a fuoco lento per un paio d’ore – in prima serata su RaiUno dal 10 dicembre, di solito il lunedì, ripetendo l’iperazione per ben 13 puntate – spolverando il tutto con veloci citazioni dalla retorica in bianco e nero di Poveri ma belli (il capofamiglia Ghini, i suoi figli e anche la sventurata ragazza madre a cui hanno affittato il sottoscala), da quella cinefila di Nuovo Cinema Paradiso (col compagno dal cuore tenero che fa il proiezionista), da quella ruspante di Don Camillo (sterilizzando gli aspri umori del dopoguerra con un prete interpretato da un reduce di Distretto di polizia e con un comunista all’acqua di rose con i baffi alla Clark Gable) senza dimenticare un  ineffabile maresciallo più alla Ezio Greggio che alla De Sica padre; se poi, durante la cottura, capita di dover affrontare un duplice esame di maturità (del padre – di nuovo sui banchi di scuola – e del figlio) si faccia l’occhiolino senza pudore a Notte prima degli esami.

A cottura ultimata servire su un letto fresco di luoghi comuni, comunissimi, talora persino comunisti: il palazzinaro disinvolto; il villaggio olimpico che vien su – ma no! – con odore di lottizzazioni non chiarissime; l’ansia di riscatto dell’operaio un po’ trombone in famiglia, ma onesto, passabilmente colto e, soprattutto, progressista; la ragazza madre processata dal condominio ma che riscatta la sua colpa tenendosi il figlio e rifiutando i danarosi sensi di colpa del nonno; i ragazzi che crescono e che quindi hanno ormoni regolarmente in movimento, ma con una cautela davvero d’altri tempi.

Se i vostri succhi gastrici riusciranno a demolire un piatto di tal fatta, come hanno fatto i nostri – ma noi siamo un po’ parziali visto che siamo quasi coetanei del ragazzino fastidiosamente narrante con la voce di Tom Cruise, vi assicuriamo che vi alzerete da tavola migliori, magari un po’ commossi, sicuramente con un’insana voglia di sapere quale buona cosa di pessimo gusto ci verrà ammannita la prossima settimana.

E così – è Natale, d’altronde, non vogliamo essere buoni? – promuoviamo col 6 politico una fiction altamente politica nella sua antipoliticità: the dark side, appunto, di La meglio gioventù.

 

Voto: 6