Il re del botteghino Wong Jing, che da buon hongkonghese ha sempre affermato di far film per soldi, ha scelto di collaborare con Marco Mak per girare Il colore della verità, un noir che si avvale della presenza inquietante della super star Anthony Wong Chau Sang, noto “cattivo” del cinema hongkonghese e qui in veste di capo della sezione speciale anticrimine, l’Ispettore Wong.

La storia inizia con uno strano regolamento di conti sul tetto, in cui Wong e il suo amico-collega Seven Up (Sean Lau) s’incontrano con un membro della Triade. Nessuno sa con esattezza cosa sia accaduto quella sera, ma una cosa è certa: Wong rimane l’unica persona in vita, ottenendo una promozione per alto senso del dovere contro la criminalità - Seven Up era infatti un poliziotto corrotto. Nel giro della malavita, invece, per anni circolerà una versione alternativa della storia: per far carriera, Wong ha deliberatamente ucciso sia l’amico che il criminale. La stessa moglie di Seven Up sembra credere a questa versione, tanto da inculcarla nella memoria del figlio Cola (Raymond Wong) che, cresciuto, entrerà in polizia alla ricerca dell’uomo che crede essere l’assassino di suo padre. Il caso fa effettivamente incontrare i due, ma Cola, preso fra il senso del dovere e il rancore verso la morte del padre, non riesce a decidere cosa fare, arrivando perfino a nutrire una profonda ammirazione per Wong, esperto e sempre sicuro di sé in ogni azione da compiere, capace perfino di sfoderare un lato pietoso e umano nel prendersi cura del padre infermo. Il figlio del criminale ucciso quella notte sul tetto insieme a Seven Up sembra però pensarla diversamente: tornato dall’Inghilterra dove la madre lo ha fatto studiare, Ray (Jordan Chan) ha una visione della vendetta molto più chiara di Cola, che cerca di convincere a eliminare Wong attraverso continue citazioni dalla Bibbia, operazioni ben orchestrate, e sedute di scacchi dal vago sapore mistico. Le occasioni per uccidere Wong non mancheranno in tutto il corso della vicenda, ma raggiungere la verità e vederla nella sua sfumatura più vera sarà molto difficile per Cola, che dovrà decidere se scegliere il regno del caos o quello dell’ordine.

            Corredato da una musica martellante, vincitrice del Taipei Golden Horse Film Festival del 2003, e da sparatorie a effetto, Il colore della verità è un prodotto ampiamente commerciale, che soffre di uneccessivo voler far tornare i conti a tutti i costi: lo stile è finto e leccato, il protagonista assolutamente inespressivo e i colpi di scena privi di reale emozione. Basato su una sceneggiatura che cerca di bilanciare - riuscendoci - gli elementi comici con quelli più spiccatamente neri, il film si regge quasi interamente sull’interpretazione di Anthony Wong, che se non ci regala nulla di memorabile rispetto alle prove passate sempre in chiave poliziesca (vedi Infernal Affairs) fa comunque una certa impressione, soprattutto se si paragona il suo personaggio attuale con quelli bestiali e demoniaci delle pellicole che lo hanno reso famoso - The Untold Story in primis. In sostanza, un film di media fattura, che non sfigura rispetto ai tanti action thriller americani che siamo costretti a sorbirci di mese in mese, ma che certamente fa rimpiangere le opere ben più nere di tanta new wave hongkonghese. Ma tant’é, il cinema di Wong Jing resta comunque una bussola fondamentale per capire l’anima della società hongkonghese e i suoi gusti, sempre più orientati verso un cinema monogenere sul modello occidentale, rispetto alle grandi invenzioni multigenere del passato. Distribuito in Italia dalla Dolmen Home Video.

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