Definizione in gergo per indicare i marines, Jarhead letteralmente significa testa di latta alias testa vuota, contenitore ideale da colmare di spirito corporativo e lezioni di violenza, impartita e urlata con voce di kubrickiana memoria. L’addestramento adrenalinico finisce celebrato come un rito: con la visione di Apocalypse now, la vera messa cantata del soldato. Così, si rinsalda tutto il bagaglio di retorica patriottica che un marine deve assorbire, per ben servire. Tratto dal romanzo autobiografico di Tony Swofford, Swoff (mimetica beige e mimica attoriale indossate con statura dal bravo Jake Gyllenhaal) che fu cecchino ben allenato e combattè cinque giorni cinque della guerra contro Saddam – qui mai realmente esibita - targata Bush Senior, senza mai ricevere l’ordine di prendere la mira e sparare. Vagò nel deserto per mesi col battaglione d’appartenenza (gli ottimi Chris Cooper, Jamie Foxx, Peter Sarsgaard e i meno conosciuti ma altrettanto bravi Lucas Black, Jacob Vargas, Skyler Stone, Wade Williams) in attesa che succedesse qualcosa. La vita da civile diviene album fotografico, i ricordi diapositive, il regalo della videocassetta di Il cacciatore per un commilitone strumento per una vendetta coniugale e la follia, grimaldello per sopportare i tempi morti. L’inglese Sam Mendes (American beauty, Era mio padre) regala un ritratto consistente e intriso di sequenze memorabili: cavalli raminghi che esprimono il disagio della solitudine e dello sperdersi nel teatro respingente del nulla come metafora della guerra; l’isolamento del soldato che vomita sabbia/rabbia; i civili carbonizzati come un allestimento d’arte contemporanea col “vivo” tra i morti a completare il quadro. Fa bruciare latrine e pozzi di petrolio e lascia che piova nero su tutti. Scoperchia illusioni, sincero fino al cinismo ma non si compiace mai. Alla fine di ogni guerra, il peggio deve ancora venire. Imperdibile.