Sono passati quindici anni dalla morte di Leonardo Sciascia e più di quaranta dalla prima uscita de Il giorno della civetta; ma di romanzi come questo è bene sempre parlarne e soprattutto è bene leggerli. Quando fu scritto questo libro molti, moltissimi dicevano e/o, fatto ancora più grave, pensavano che la mafia non esistesse. Invece proprio in quel momento la mafia smetteva di essere "soltanto" una associazione criminale per diventare un apparato governativo ed economico sub-statale; lo stesso Giovanni Falcone nel suo Cose di cosa nostra e soprattutto nelle sue inchieste parlava di contiguità della mafia con lo Stato. In questo libro non ci sono solo delitti, indagini, boss e omertà: c’è anche la "Solitudine della gente del Sud", che non è propriamente e solamente un topos poetico; trasportata sul piano politico diventa isolamento, abbandono delle istituzioni, degrado e arretratezza morale ed economica. Vivere in una regione governata dalla mafia, pensare che lo Stato è lontano o, peggio, colluso o impotente non è certo rincuorante. Opere come questa potrebbero aprire gli occhi sia a chi, vivendo lontano dalla mafia, non la considera un proprio problema, sia a chi, marcendoci in mezzo, la ritiene un elemento caratteristico del luogo, quasi folcloristico, come il mare e la tarantella. Opere così "potrebbero" aprire gli occhi alla gente, non è un caso che si sia usato il condizionale. La situazione al Sud è amara e tragica, come amare e tragiche sono le parole che Leonardo Sciascia mette in bocca ai suoi personaggi di una "realtà putrida e immobile": spesso si stenta a credere che esista una cura per questa piaga della società. Qualcuno dice: "scrivere è resistere", allora, è da aggiungere, anche "leggere è resistere", capire. Non è questa l’unica soluzione al problema mafia, ma sicuramente ne è una parte importante. Un inizio, forse. Una speranza. Vale veramente la pena leggere questo romanzo. È scritto con grande maestria. Niente qui è superfluo o lasciato al caso, parole e contenuti. È la realtà, certo una realtà di più di quaranta anni fa, ma che somiglia terribilmente a quella attuale.