Seconda avventura per Vincenzo Torres, il convincente protagonista de I morti non pagano, creato dalla penna di Antonio Zamberletti, che sceglie per questa sua nuova prova letteraria un titolo assolutamente chandleriano: I duri non piangono.

E duro, Torres, dimostra di esserlo sul serio, ma soprattutto, di pagina in pagina, risulta essere una credibile figura di “private eye” all’italiana, che pur guardando con doverosa attenzione ai giustamente celebrati modelli americani (Chandler, appunto, e Hammet), sa trasmettere il senso di una sua peculiare italianità, ponendosi come figura originale e ben riuscita nell’ormai vasto e variegato panorama del noir nostrano.

 

Ex- membro dei reparti speciali della polizia, ferito in servizio, come nella miglior tradizione ha una vita privata decisamente poco soddisfacente ed è costretto a sbarcare il lunario occupandosi di casi di scarsissimo rilievo. Alcuni di questi, però, a un certo punto sembrano intrecciarsi in maniera preoccupante: così, un ex-collega morto in un incidente sospetto, una prostituta slava uccisa in un luogo e con modalità apparentemente inspiegabili nonché la strana storia di un delinquente di piccolissima tacca che viene sorpreso con una quantità di stupefacenti eccessiva per le sue modeste possibilità finiscono per trasformarsi in altrettanti fili d’Arianna che ricondurranno il nostro Torres a ricostruire un’unica, torbida matassa. E il protagonista saprà dipanarla con decisione e lucida caparbietà, affrontando una realtà fatta di immigrazione clandestina, reduci dalle nuove e vecchie guerre balcaniche, poliziotti corrotti, strozzini, bulli di periferia, prostitute. In una parola, si misura con tutto il campionario di miserie umane che può offrire la realtà metropolitana odierna, con particolare riferimento all’hinterland milanese, descritto con un tratto asciutto e realistico, che certo fa tesoro della lezione di un altro grande maestro, Giorgio Scerbanenco.

 

Il finale è di quelli senza sconti, ma la conclusione della vicenda porta il detective a ristabilire un minimo di giustizia, mentre al lettore resta il sapore di una storia seria, priva di orpelli inutili, assolutamente ben scritta e non priva di una sua originalità, pur non discostandosi mai dalla rassicurante ortodossia di un genere che ha il merito di proporsi sempre più come efficace strumento di analisi sociale.