Dove sei quando scrivi? Sia fisicamente che mentalmente.

Fisicamente in cucina. Ho uno studio e varie scrivanie, ma ci sto solo quando la cucina è frequentata, durante il giorno non succede quasi mai. Mentalmente… sono sempre chiuso nella mia testa, anche quando non scrivo. Ogni tanto butto fuori un’occhiata, poi rientro.

Come scegli le tue vittime, e i tuoi assassini?

I miei assassini spesso sono anche vittime e le mie vittime spesso sono anche degli assassini, quindi la risposta è difficile. Scelgo quelli che hanno dei buchi neri nella pancia, pieni di segreti o sensi di colpa, da far venire fuori quando uccidono o vengono uccisi. Ammetto, però, che in un paio di occasioni alcune vittime erano lì solo a fare numero, loro sono state le più sfortunate, la loro esistenza ha coinciso con la loro morte.

Qual è il tuo modus operandi?

Quello dello scuoiatore. Tolgo la pelle dai miei personaggi e me la metto addosso, come Leather Face. Mi immedesimo nei buoni e nei cattivi: nei buchi della loro faccia gli occhi sono i miei.

Chi sono i tuoi complici?

Cambiano di volta in volta. Mia moglie, un paio di editor con cui mi trovo bene, la mia agente che funge da super-io. Gli altri li trovate nei ringraziamenti.

Che rapporti hai con i tuoi lettori e le tue lettrici?

Scarsi. Vado poco in giro e mi sembra che quello che ho da dire sia in quello che scrivo. Se posso scegliere, scelgo i contenitori dove posso imparare qualcosa, le situazioni dove esistono comunità di lettori che hanno cose da dirti e da chiederti. Preferisco i dibattiti senza rete, le chiacchiere senza mediatori, ma sono difficili da organizzare.

Avanti, parla! Che messaggio vuoi dare con le tue opere?

Che il Male non dovete cercarlo lontano da voi, ciccini.