Con il commissario sovrappeso Mario Arrigoni…

Milano 1953. La città sta rinascendo dopo i disastri provocati dalla guerra. Spunti sui lavori del tempo oggi scomparsi: materassaio, arrotino, riparatore di ombrelli, venditore di acciughe sotto sale, spazzacamino.

In questo contesto post-bellico una giovane infermiera, Gemma Salvatori, viene uccisa a colpi di martello in uno stabile in costruzione. Niente soldi, niente preziosa collana, niente agenda che portava con sé. In seguito verremo a sapere che è incinta. Nuovo caso per il commissario capo Mario Arrigoni “basso, tozzo e sovrappeso” e i suoi uomini. Tra l’altro trattasi di una bella ragazza (“un fisico che nemmeno la Silvana Pampanini”, secondo giudizio di un personaggio) con il desiderio di fare la modella, posava per un pittore e faceva girare la testa a molti. Diversi gli indiziati: il fidanzato, il primario della clinica in cui è stata assunta, il pittore, il marito della sorella. Almeno in un primo momento.

Qualche spunto sul commissario, oltre il basso, tozzo e sovrappeso. Fuma il sigaro, per spostarsi usa pure la Lambretta (non ce lo vedo), tormentato dalla “propria evidente inferiorità estetica” verso la moglie, ha una madre vedova premurosa e una figlia che lo costringe a giocare a canasta. Ottima forchetta (ci ritorneremo), dietro il suo aspetto corpulento si nasconde “un raffinato esteta, in grado di apprezzare i lati meno appariscenti della bellezza” femminile (oltre il seno e il fondoschiena). Lettore accanito di opere letterarie (si cita, per esempio, “Le memorie del sottosuolo” di Dostoevskij), il suo secondo sogno era stato quello di diventare insegnante di lettere. Calmo, metodico nello svolgere le indagini, partendo dalle notizie sulla morta e da quelli che la conoscevano, ribattezzato dalla stampa “il Maigret del Porta Venezia”.

L’indagine è difficile. Alla fine degli interrogatori, gira e rigira si torna sempre al punto di partenza. Momenti di impasse e di dubbio, discussioni e “scontri” di idee sul caso soprattutto con l’istintivo Mastrantonio, classica lavata di capo del superiore (si trova ormai dappertutto) perché privo di tatto nei confronti del dottor Vinciguerra, contornato da protezioni politiche. Conseguenza, incubo notturno, tanto per farci capire la sua sensibilità.

Scrittura “semplice” e nello stesso tempo dignitosa tesa alla creazione di una atmosfera ovattata pur tra la barbarie del delitto, non disdegnando momenti di ironia soprattutto sul nostro commissario che giganteggia nella scena. Ora le sue passeggiate, ora le riflessioni da solo o con i sottoposti ai quali si rivolge con il “lei”, piccoli flash sulla famiglia (da tenere presente lo spunto alle indagini della moglie Lucia), amante della buona tavola (ma sa anche contenersi) si butta con piacere fra ossi buchi, zabaioni, spaghetti alle cozze, alici al forno…e qualche bevuta, soprattutto dell’amato marsala. Come momento di relax le letture (già detto) e la visione di qualche film, magari con Maigret interpretato da Charles Laughton (delusione per l’attore), contornato dall’avanspettacolo scollacciato.

Una scrittura, ripeto, tersa e pulita che può far storcere il naso a chi la vuole più corposa e complessa, o apprezzare da chi non ne può più di incasinamenti parolai.

Crapanzano è stato paragonato a Simenon e Arrigoni a Maigret, citato più volte nel libro. Diciamo, per non fare un torto a nessuno, che c’è una vaga somiglianza.