Lasciato Marco Corvino, il giornalista protagonista seriale di tutti i suoi romanzi, Massimo Lugli ritorna con un altro protagonista, un poliziotto, il vicequestore Marcello Mastrantonio, che però, se non è Corvino è il suo fratello gemello. Entrambi karateki, entrambi in conflitto con i capi e i colleghi, lì al giornale qui in questura, entrambi single alle prese con gli orari impossibili dei rispettivi mestieri e le relative problematiche culinarie, entrambi con la stessa vena di malinconia e un’ironia che nel romanzo, rigorosamente in prima persona, si esprime con analoghe iperboli. Però, Lugli, che è da oltre trent’anni cronista di nera, conosce molto bene gli ambienti e del giornale dove lavora e della questura che frequenta, per cui è comunque di casa, così come i due personaggi non sono altro che alter ego dello stesso autore. Del quale la dote più grande è quella di costruire trame avvincenti, intessute di verità e di figure che hanno la sostanza del carnale e del vissuto, oltre che la capacità di rappresentare ambienti solo apparentemente ai margini della società, mentre invece attirano più persone di quanto si possa immaginare e di diverse classi sociali. Era così per il mondo delle sette segrete nel giro delle lotte marziali in “L’adepto”, per quello del sadomasochiamo in “Gioco perverso” ed è così, per il giro dei combattimenti tra i cani nel suo ultimo romanzo “La lama del rasoio”, edito come tutti i romanzi di Lugli, da Newton Compton, questa volta però uscito, seppur come novità assoluta, nella collana economicissima, a 0,99 euro che sta spopolando.

Qui il vicequestore Mastrantonio, non tanto ben visto dai suoi superiori per una certa sua tendenza a svolgere le indagini un po’ troppo indipendentemente e di testa sua, viene mandato dal questore a investigare su un caso apparentemente di scarso impegno: si tratta di vedere di cosa si lamenta un certo veterinario, proprietario di un canile e casa di cura per animali, che ha buone conoscenze a livello politico, e verso il quale, pertanto, bisogna dimostrarsi un po’ disponibili. “Più che altro si tratta di pubbliche relazioni. Veda di non risultare troppo antipatico” è la raccomandazione che gli fa l’antipatico questore.

Mastrantonio, che da lì a cinque giorni deve andare in ferie, è ben contento del disimpegno, esegue e ciò che trova - a parte una bella ragazza, dipendente del canile, che lo rimprovera per motivi di parcheggio - sono alcuni cani che riportano strane ferite, sulle quali il veterinario ipotizza che siano frutto di combattimenti clandestini. Il poliziotto annota tutto, con l’idea di occuparsi della vicenda. Ma da lì a poche ore il questore lo richiama: c’è un omicidio sulla via Cassia che ha priorità su tutto. Ed è Mastrantonio che se ne deve occupare anche se lui non è della omicidi, bensì della sezione antitruffe. La vittima è un architetto, trovato vestito da donna, con lo squarcio finissimo di un rasoio alla gola.

Poche ore ancora, ed ecco profilarsi un terzo omicidio: e sarà quello della ragazza che lo aveva rimproverato per il parcheggio al canile. Anche lei finita, come l’architetto, con un analogo squarcio di rasoio alla gola. Mastrantonio ha più di un sospetto che, per quanto le vittime non si conoscevano, la mano che le ha fatto fuori è la stessa. E l’indagine, stavolta in concorrenza con la sezione omicidi, finirà per coinvolgerlo totalmente.

Cosa lega i due omicidi? Non ci vuole molto al tignoso poliziotto per scoprirlo: gli affari, e grossi, che prosperano nel giro dei combattimenti clandestini dei cani. Giro che Lugli ci farà conoscere tramite Mastrantonio, ma che naturalmente sono il frutto della sua esperienza professionale. Come sempre nei suoi romanzi non mancano i momenti di tensione e quelli d’azione, così come non manca una storia d’amore che poi, al momento opportuno, lascia il protagonista di turno – Mastrantonio o Corvino che sia – con un pugno di mosche in mano. L’importante, però, è che a restare così non sia il lettore, e certamente non lo è e non lo sarà, perché i noir di Massimo Lugli, comunque, sono sempre una garanzia di conoscenza e divertimento. Oltre che, naturalmente, di grande tenuta narrativa.