Tac. La mazza che colpiva la palla. Il suono rimbombò nella mia testa. “Sollozzo?” E lo guardai.

“Era mio zio. Sì, Frankie Sollozzo era mio zio. Era lui che aveva trascinato Mike nel giro. Se non fosse stato mio zio Mike neanche si sarebbe avvicinato a quella gente. E’ stata tutta colpa sua. Voleva avere un allievo.” “E immagino che Frankie Sollozzo si sarà fatto un bel mucchio di soldi con quel suo giro. Milioni a palate. Milioni che vanno all’unico erede rimasto”. Il mio tono era glaciale, ma Danny continuava a guardarmi con quei suoi occhioni innocenti da cucciolo. “Sì, suppongo che vada tutto a me. Se ci fosse stato ancora Mike avremmo potuto comprarci una fattoria. Avrei potuto portarlo lontano da tutto questo”. “Che storia commovente, quasi mi metto a piangere. Solo che Mike non c’è più, peccato! Quella fattoria dovrai comprartela da solo. Oppure resti qui ed erediti anche il racket dello zio. Come nuovo boss sei meglio tu di quello scemo che si è fatto sparare dal suo stesso fratello”. Si alzò e mi sferrò un pugno in piena bocca. Anche in quel momento desiderai che mi baciasse. “Dillo ancora! Avanti! Dillo ancora!” “Hai sparato a tuo fratello. Oh, l’ho capito bene il tuo gioco. Miravi lontano, proprio come quando colpisci la palla. Fai fuori il fratello che ti è di intralcio e poi mandi un altro cretino a sistemare lo zio boss con la storiella della vendetta. Dato che non si può ereditare dalla propria vittima bisogna inventarsi qualcosa per spedire un altro a fare il lavoro”. Ero talmente imbottito di film di quart’ordine che una cosa l’avevo imparata: in ogni storia c’è sempre una dark lady che ti incanta con le ciglia piene di lacrime. Io ero immune al fascino delle dark lady, ma non a quello di Danny e ci ero cascato con tutte le scarpe. Stavo quasi per cedere e rimangiarmi tutto quando le lacrime gli rigarono la faccia, rincorrendosi come l’acqua della doccia era scivolata sul suo corpo. Invece mi asciugai il sangue col dorso della mano, raccolsi il cappello e presi le mie cose. “Goditeli quei milioni, Danny. Ti sono costati tre vite”. Nel conto includevo anche la mia.

Mi cacciai nel primo bar che trovai. Era vuoto, tranne che per una puttana attempata e un tizio allampanato che deglutiva il pomo d’Adamo. Meglio. Non mi piace che mi guardino quando mi ubriaco. Le sbronze hanno sempre segnato i momenti cruciali della mia vita. Ero sbronzo quando avevo distrutto la chevrolet e la carriera di pitcher ed ero sbronzo adesso che, mentre gli energumeni di Frankie Sollozzo, anche se lenti di riflessi e di comprendonio, dovevano già essersi lanciati come segugi al mio inseguimento, me ne stavo a struggermi per Danny. Pensavo che l’avevo mollato tutto solo a una stazione di servizio e, con il tiro sporco che mi aveva giocato, riuscivo ancora a preoccuparmi per lui. Ma era un ragazzo pieno di risorse e se la sarebbe cavata, uno che è capace di mandare un povero credulone a uccidergli lo zio gangster sa cavarsela in qualunque situazione. Non riuscivo a odiarlo, odiavo piuttosto me stesso che mi ero illuso di aver trovato l’amore. Uno scout dovrebbe capirle queste, ma se sapevo riconoscere i campioni sul campo nella vita non avevo lo stesso fiuto.

I campi di grano nella sera mandavano un odore famigliare. Lo stesso odore che avevo sentito tra i capelli di Danny. L’odore della mia giovinezza. Abitavo da quelle parti prima di andarmene a Est ed era per questo che ero venuto a cercare talenti in quei luoghi. Forse ero venuto invece a cercare i ricordi, gli anni in cui anch’io ero un ragazzo. Mi venne perfino la sciocca idea di andare a cercare Padre O’Donnell: quel vecchio volpone d’un prete avrebbe capito subito che qualcosa mi angustiava. E allora? Gli avrei confessato di aver ucciso un uomo? Mi venne da ridere, mentre mi specchiavo sul fondo del whisky. Mi venne da ridere perché l’unica colpa che mi sentivo addosso era quella di aver fatto piangere il ragazzo che amavo, anche se era un bastardo e un assassino che si era preso gioco di me.

Prima o poi la porta di quel bar si sarebbe aperta e mi avrebbero preso: meglio che arrivassero quando mi fossi già stordito da me. Era un bar piccolo e lercio, non avrebbero fatto grandi danni. Forse la ragazza al bancone si sarebbe un po’ spaventata, ma poi avrebbe avuto qualcosa di eccitante da raccontare alle amiche. Era solo questione di ore. E infatti arrivarono.