“My name is Alice and this is my World.”

 

È questa la quote di lancio del nuovo capitolo della saga “Resident Evil”, nelle sale in questi giorni.

Resident Evil: Retribution.

Il capitolo finale? Staremo a vedere. Come sempre, saranno gli incassi a determinare se ci sarà una futura, nuova avventura.

E si sa, gli zombie risorgono sempre…

Ma facciamo un salto all’indietro di dieci anni, anzi, di sedici.

Perché tutto quanto parte nel 1996 quando Biohazard (titolo giapponese di Resident Evil) arriva su PlayStation. È l’inizio di un successo, il cosidetto survival horror. L’idea, semplice ed efficace di Shinji Mikami, è quella di portare il cinema dell’orrore su una console casalinga, senza rinunciare a una trama, a dialoghi da B movie, a scene violente e inquadrature cinematografiche. Testimonial d’eccezione, niente di meno che George A. Romero, il papà per antonomasia degli zombie sul grande schermo. Il regista gira per il Giappone due spot di lancio e immediatamente il suo nome diventa il più indicato per girare la trasposizione filmica del videogioco. Romero è entusiasta del progetto e scrive una sceneggiatura molto aderente al primo capitolo del gioco.

 

http://www.residentevilsaga.it/specials.php?page=romero_script

Ma le produzioni americane, interessatissime al progetto, ma poco propense ad affidarsi a un “maverick”, un “cane sciolto” poco controllabile come Romero, decidono di dargli il benservito, adducendo che lo script è troppo gore e lontano dal videogioco per essere trasposto in pellicola.

Il tutto viene così affidato alle “mani legate” di Paul W. S. Anderson, già avvezzo al passaggio videogame-film essendo stato il regista di Mortal Kombat.

Nel 2000, forti rumors cominciano così a dare per quasi ufficiale il passaggio del videogame a pellicola con la benedizione blockbuster della Mecca del cinema statunitense.

Inutile dire che tra gli aficionados del genere comincia a serpeggiare grande curiosità, forti aspettative, ma anche la diffidenza in una possibile delusione nel vedersi arrivare gli amati zombies sul grande schermo.

Come se non bastasse, il tam tam mediatico viene rafforzato da misteriosi script del film che prendono a circolare in rete.

Tutto creato ad hoc, per far crescere l’attesa e la curiosità, ma anche un’arma a doppio taglio, che in caso di fallimento, potrebbe tagliare la testa a un progetto di lunga durata.

Passano due anni dal bombardamento mediatico e finalmente, nel 2002, “Resident Evil”, il cui titolo doveva essere Ground Zero, poi giustamente cassato dopo la tragedia dell’11 settembre, arriva nelle sale.

Decisamente vincente si dimostra la scelta della protagonista in Milla Jovovich.

Una bellezza guerriera elegante da passerella post-atomica.

Chi si aspettava uno script fedele al videogioco, però, è disatteso.

Il videogame si dimostra il pretesto per dare accesso a una storia più attuale nei temi e nella proposizione. Della trama del videogioco originale, rimane ben poco, anzi, il film sembra partire proprio dalla rivelazione finale del game. Mancano le icone amate dai fan, Chris e Jill, a favore di una smarrita quanto letale Alice, interpretata appunto dalla Jovovich.

 

In sintesi la trama.

La protagonista è Alice, un’agente di un’installazione Umbrella situata sotto le strade di Raccoon City. Una fuga del virus-T all’interno del laboratorio ha costretto la Red Queen (l’intelligenza artificiale del laboratorio) a rinchiudere ed uccidere tutti i dipendenti della struttura per evitare il diffondersi del virus nel mondo esterno.

Dopo il fatto, una squadra di controllo inviata dall’Umbrella stessa, entra nel laboratorio, ritrovandosi ben presto decimata dai vari scienziati mutati in zombie e dalle letali difese della Red Queen. Dopo una serie di eventi che non stiamo a raccontare per non rovinare una eventuale visione a chi non avesse ancora visto i film della saga, si arriva a un finale che lascia intendere un seguito.

 

 “Non voglio essere una di quelle cose che vagano in giro senz'anima.” (Alice)

 

Accanto alla curiosità che Alice non viene mai chiamata per nome durante tutto il film, la pellicola fa storcere il naso ai puristi del videogame, che si sentono traditi da una sceneggiatura quasi del tutto estranea al tema originale e dalla mancanza dello splatter tipico del gioco, ma poco adatto per chi vuole richiamare nelle sale soprattutto ragazzini senza incorrere in divieti.

Il film appare così come una contaminazione tra  il genere zombie e “Aliens - Scontro finale”, con il valore aggiunto di una fotografia claustrofobica.

Rinfrancata da buoni incassi, la macchina di Hollywood prosegue la sua marcia verso il secondo episodio che arriva nelle sale nel 2004, con il titolo di “Resident Evil: Apocalypse”.

 

Trama: La Umbrella decide di riaprire il laboratorio, ma il virus finisce col disperdersi in tutta la città, tanto da costringere la società farmaceutica a isolare completamente il centro urbano con tutti i suoi abitanti all’interno, sempre nell’intento di scongiurare un’infezione mondiale.

Alice vaga per la città armata sino ai denti, ma è subito evidente che, lei, contagiata dal virus, è la vera arma letale. Lungo il suo cammino, incontrerà altri personaggi e insieme a loro si metterà alla ricerca di una bambina, Angela Ashford, figlia dello scienziato che ha inventato il virus-T…

 

 “Pensavamo di essere sopravvissuti all'orrore... ma ci sbagliavamo.” (Alice)

 

In questo secondo capitolo, il timone passa ad Alexander Witt, un passato di operatore e di seconda unità, mentre Anderson firma la sceneggiatura. La storia propone due personaggi del videogame, Jill Valentine e il mercenario Carlos.

Questo secondo film, prova ad accontentare quindi i fans del videogioco, cercando di collimare il più possibile verso la sua storia. Una trama molto simile a RE3.

La differenza principale con la prima pellicola è che Apocalypse, volendosi accostare il più possibile al soggetto del videogame, presenta molte più scene di azione e momenti da horror classico a scapito di una regia meno ricercata ed efficace rispetto al primo capitolo.

Inutile dire che la “Resident Evil Production”, nata appositamente per dare un marchio ancora più incisivo al progetto, gioca benissimo le sue carte di promozione, merchandising e tempi di attesa per maturare il terzo, prevedibile, progetto - “Resident Evil: Extinction” - nel 2007.

 

Quello a cui è andata incontro l’umanità negli otto anni che dividono Extinction dall’Apocalypse.

 

Trama: La terra è un deserto e i pochi sopravvissuti al virus-T si spostano in carovane alla ricerca di un posto sicuro. Alice, solitaria, in possesso di incredibili capacità telecinetiche, in sella ad una moto, viaggia rispondendo alle richieste di aiuto di chi è in pericolo.

La Umbrella non è scomparsa. Artefice del disastro, si è rintanata in laboratori sotterranei posti in tutto il mondo e i suoi scienziati continuano a cercare una soluzione per liberare l’umanità dalla morsa del virus-T e tornare finalmente a vivere in superficie…

 

“Abbiamo combattuto l'infezione, siamo sopravvissuti all'apocalisse, ora affrontiamo l'estinzione.” (Alice)

 

“Extinction” si presenta subito come una messinscena fracassona, dove le lacune di sceneggiatura evidenti sono triturate dall’atleticità fumettona da supereroina della Jovovich che non lesina nell’uso delle armi, facendo veri e propri massacri in un Las Vegas insabbiata, fatta sparire da un consumismo infetto e sfrenato. Come da messaggio del film. Fucile a pompa, coltelli Kukri e pistole non hanno segreti per Alice che spappola crani, semina teste e arti mozzati nella pianura sabbiosa.

Alla regia, Russel Mulchay (Higlander, per intenderci). Ma la sua regia non riesce a colmare l’assoluta assenza di riferimenti con gli episodi precedenti.

Troppe domande nate dalla visione dei due capitoli precedenti non hanno risposta, andando anche contro una logica razionale.

Extinction rimane così un pop-corn movie di mestiere, ma il videogioco è ormai lontano e la trama non si capisce bene dove voglia andare a parare.

Si capisce che ormai la saga RE cinematografica è completamente scissa da quella del game.

Forse era intenzione fin dall’inizio, se pensiamo alla creazione di un personaggio completamente nuovo come Alice.

Forse, la saga ludica del videogioco è stato uno specchietto per le allodole, un modo come un altro per garantirsi quell’appeal e curiosità che il pedigree di un continuum così famoso sulle console poteva garantire.

RE-movie è diventato soprattutto un affare, non importa se il livello continua inesorabilmente a scendere. Ormai si è creato uno zoccolo duro di appassionati, che non tradiranno un eventuale quarto episodio.

Che puntualmente arriva… “Resident Evil: Afterlife” anno 2010.

 

Trama: In un mondo distrutto da un virus che trasforma le persone contagiate in non-morti, Alice continua il suo viaggio alla ricerca dei sopravvissuti al fine di condurli alla salvezza. La sua battaglia mortale contro la Umbrella Corporation raggiunge nuovi livelli, ma Alice riceve l’inaspettato aiuto di un vecchio amico…

 

"Ehi ragazzi, vi sembra il modo di trattare una signora?"  (Alice)

 

Già dalla trama è comprensibile l’assoluta intenzione di non dedicarsi a una sceneggiatura forte, ma di proseguire con la corrente del precedente capitolo sfruttando le nuove innovazioni tecnologiche.

È cominciata da poco l’era del 3D e questo nuovo episodio si convenziona alla nouvelle vogue di stupire senza far pensare troppo.

Anderson torna a fare la voce grossa. Oltre che sceneggiatore è anche regista e produttore.

Lo spettatore sa già cosa aspettarsi. L’azione diventa assoluta protagonista insieme ai mirabolanti effetti speciali di nuova generazione, ovvero, la morte del cinema.

Non c’è molto altro da dire su questo quarto capitolo. Alice è sempre una ammazzatutti sexy e letale e gli zombies sono sempre zombies.

Nulla di nuovo, tutto di ripetuto.

 

E non ci aspettiamo nulla di originale anche nell’ultimo capitolo in prima (?) visione nelle sale, Resident Evil: Retribution.

Rumors informano che con questo quinto capitolo si dovrebbe aprire una seconda trilogia, con la precedente che, partendo dal “pilot” RE, si era chiusa con “RE: Afterlife”.

Speriamo francamente di no, anche se sarebbe sempre un piacere rivedere Alice nel suo personale Paese delle Meraviglie Morte.

E il denaro, è più forte di qualsiasi orda di zombie.

AMEN.

 

http://www.youtube.com/watch?v=eNHA1ATOfs8