Vedere e non credere. Non credere che un film così, ribattezzato Il Petroliere (tratto dalle prime 150 pagine del romanzo Oil! di Upton Sinclair) a favore dell’assai più incisivo There Will Be Blood, possa concorrere all’Oscar (miglior film, regia, attore protagonista, sceneggiatura non originale, fotografia, montaggio, scenografia, e sound editing).

Non che non se li meriti dal primo all’ultimo (anche se ne ha conquistati soltanto due, attore protagonista, Daniel Day Lewis, e fotografia, Robert Elswit ), però l’incredulità rimane sul perché e sul percome i membri dell’Academy si siano fatti sedurre da un film del genere, quasi che dopo anni di premi andati a film per così dire “normali”, fossero d’un botto tutti impazziti o al contrario, il che in fin dei conti fa lo stesso, rinsaviti di colpo.

Immaginate un film che nei primi venti minuti lascia in scena il non ancora petroliere Daniel Plainview (Daniel Day Lewis) che entra ed esce da un buco nel terreno dove come un forsennato scava alla ricerca di argento e che per un puro colpo di fortuna vede fuoriuscire da quel buco dove cercava argento un fiotto di petrolio (quando si dice la serendipità…). Aggiunteci pure che per i venti minuti già citati le chiacchiere stanno rigorosamente a zero, nel senso che come una sorta di 2001:Odissea nello spazio fatta di polvere non si sente una parola che è una. Continuate ad immaginare un finale così brusco, così improvviso, che viene da pensare che il montatore sia deceduto all’improvviso senza che nessuno se ne accorgesse. Se un poco di immaginazione vi è rimasta, be’ non rimane che usarla per immaginare ancora l’assoluta mancanza di un personaggio femminile destinato non dico a sconvolgere la vita del protagonista, ma almeno ad incrociarla (si chiede anticipatamente scusa per il vago sentore maschilista di quanto appena scritto…).

Ciò nonostante, Il petroliere (di Paul Thomas Anderson, mi ero dimenticato…) è un film d’onore.

L’onore di cui si fa portatore è quello di saper dar forma a quel fascio di pulsioni primordiali che se di sicuro hanno accompagnato qualsiasi pioniere, solo in pochissimi hanno finito col raggiungere quella condizione di smania febbrile capace di infliggere al mondo circostante la propria visione e le proprie voglie senza che il mondo, almeno in un primo momento, abbia nulla da ridire a che ciò avvenga.

Così va Il Petroliere, che nasce nel silenzio e si sviluppa nel frastuono per morire di morte improvvisa, un ambizioso one man show che lascia dietro di sé una cangiante scia visiva impastata di rabbia, onnipotenza, follia, paternità trovata per caso, accettata, infine rinnegata. Daniel Day Lewis fornisce a Plainview tutto quanto è umanamente possibile dare per ottenere uno di quei personaggi bigger than life che stordiscono per la mostruosa intensità che li attraversa e che stanno sempre perennemente in agguato pronti a mangiarsi tutto il film se li si lascia fare.

Gli antidoti (ché uno non sarebbe sufficiente…) che P.T.A. butta nell’agone per impedire che ciò accada sono due: anzitutto il forte radicamento ad un lavoro fisico che in qualche modo zavorra Plainview al terreno, alla fatica, al sudore, allo sporco, a seguire la comparsa dell’antagonista destinato anche lui a tentare di calmierare l’ascesa dell’inarrestabile petroliere.

L’antagonista, Eli Sunday, ha le sembianze di Paul Dano (il giovane mutacico di Little Miss Sunshine), predicatore infervorato (ma con un occhio al profitto…), i cui margini di incisività sul mondo circostante certo non possono gareggiare con quelli del suo avversario. Attraverso i rimandi tra l’ateo (ma “disinteressato” è il termine esatto…) Plainview e il giovane predicatore trascinano il film verso il suo apice, una sorta di pastiche tra Quarto potere e l’Orgoglio degli Amberson dove la grandezza della messa in scena si misura solo e soltanto attraverso la grandezza della solitudine.

Il petroliere è un film molto ambizioso, in parte riuscito e in parte inconcluso, un film che lancia forse più sfide di quanto uno spettatore umano riesca ad immaginare.

In quanto tale, in quanto sfida cioè, va assolutamente visto.