Bosch è una serie TV crime, prodotta da Amazon, basata sul personaggio detectiveHyeronimus Bosch, ma per tutti “Harry”, protagonista dei romanzi di Michael Connelly. Bosch è interpretato da Titus Welliverche dopo decine di ruoli di secondo piano in svariate serie – The good wife, Sons of Anarchy, Lost, Touch, The mentalist – finalmente approda ad un ruolo da protagonista. Nel cast compaiono anche Jerry Edgar (Jamie Hector, Power), Amy Aquino (ER), Lance Reddick (Fringe), Sarah Clarke (Scrubs), Annie Wersching (The Vampire Diaries) e Jason Gedrick (Dexter).

Harry Bosch è un ex soldato del Vietnam, dall’infanzia travagliata e ora un esperto detective della divisione Omicidi del Dipartimento di Polizia di Hollywood, Los Angeles. Da subito si capisce che è un poliziotto vecchia scuola, con divergenze con gli affari interni, che cerca di risolvere tutti i suoi casi ponendosi un unico obiettivo: trovare sempre la verità, nonostante le eventuali conseguenze o la natura delle persone implicate.

Unisce il proprio notevole istinto alla tendenza a non fidarsi di nessuno e a usare modi non sempre leciti per ottenere giustizia, finendo spesso in guai disciplinari. Nella prima stagione, Bosch ha sparato e ucciso un sospettato, in uno scenario tutt’altro che chiaro, poiché i ricordi del detective e dei testimoni divergono. La stagione racconta contemporaneamente le conseguenze disciplinari dell’incidente di Bosch, un caso di un brutale omicidio di un tredicenne, le cui ossa vengono riportate alla luce da un cane a passeggio in cima a una collina e il ritrovamento di un cadavere nel portabagagli di un furgone il cui conducente potrebbe essere un efferato serial killer.

Tre vicende che l’abilità degli sceneggiatori hanno sapientemente unito creando un merging addirittura di tre romanzi di Connelly: La bionda di cemento, La città delle ossa e Il cerchio del lupo. Evidentemente

La serie è incentrata interamente sul personaggio di Bosch, ça va sans dire, e questo da un lato rispecchia i romanzi, ma dall’altro è un po' riduttivo rispetto ad altre produzioni, per poter dare il giusto respiro alle trame e fornire un adeguato dinamismo che è un must in una serie TV degli anni 2000.

Il prodotto è interessante per come è stata costruito con una tensione incentrata sulla complessità dei vari punti di vista, ma sembra più soddisfacente l’iter dell’indagine in sé che la risoluzione del caso, spesso penalizzata da crimini e criminali non così caratterizzati, con personaggi approfonditi superficialmente, privi di una umanità vera e verosimile.

Dal punto di vista tecnico c’è un po' di lentezza generale, la fotografia ricorda molto più le scene di Beautiful che quelle di Manhunter, i cliffhanger di transizione da una puntata all’altra risultano deboli se non inesistenti. Per godersi la serie bisogna essere disposti con un po' di tempo a guardare tutte le puntate senza soluzione di continuità, salvo perdersi qualcosa.

Si notano per un occhio più attento anche delle incongruenze nella consequenzialità delle azioni causa-effetto che caratterizzano un perfetto crime drama ad orologeria e delle situazioni di forzatura che lette dalla parte di chi scrive sono state artatamente proposte per risolvere degli snodi da cui non era possibile uscire.

Tutto a iniziare da un artificioso processo intentato a Bosch per aver ucciso per legittima difesa un sospettato. Una situazione davvero difficile da sostenere non solo in un vero tribunale, ma anche nella finzione letteral-televisiva.

Chiudiamo con un enorme dubbio che ci ha attanagliato fin da subito: è possibile che l’indagine su un serial killer – ossia su un crimine federale – sia portata avanti da un detective della LAPD e non dall’FBI?