Ci storie vere che non hanno nulla da invidare alla migliore fiction: è il caso dell’idea che ossessionò la vita di August Petermann: che oltre i ghiacci del Polo Nord ci fosse un oceano navigabile.

Qualcuno potrebbe considerare questa idea il semplice puntiglio di un geografo, la convinzione di un cartografo buona giusto come argomento di discussione di una serata fra amici. Niente di più sbagliato: il numero di morti, di sofferenze, di cannibalismo e di odio che scaturì la questione in generale e l’intervento di Petermann in particolare fanno dell’idea del Polo Nord navigabile una questione fra le più scottanti.

Nutrimenti porta in libreria un saggio appassionante e di luminoso splendore, L’uomo che inventò il Polo Nord (Wie August Petermann den Nordpol erfand, 2010) di Philipp Felsch, da leggersi come il più appassionante dei romanzi d’avventura ma che regala un ulteriore brivido: è tutto rigorosamente vero!

  

Ecco la quarta di copertina:

Nella seconda metà del diciannovesimo secolo August Petermann fu il motore dell’esplorazione dell’Artico. Per il cartografo di Gotha il polo Nord era l’ombelico del mondo e la conquista di questo ombelico il compito più importante dell’umanità. Julius Payer, l’esploratore austriaco che scoprì la Terra di Francesco Giuseppe, chiamò Petermann «padre di tutte le spedizioni». Jules Verne lo trasformò in una figura romanzesca. Eppure, benché all’epoca appartenesse all’aristocrazia internazionale delle esplorazioni polari, dopo la morte Petermann fu presto dimenticato.

Il perché è evidente: non era uno di quegli eroi che finivano congelati sul pack. Era un armchair explorer, come si diceva con scherno in Inghilterra, un esploratore da salotto. Petermann dirigeva l’impresa dell’esplorazione polare da una cittadina della provincia tedesca e di persona non si era mai spinto più a nord di Edimburgo. Ecco perché un’ombra di dubbio aleggiò sempre sulla sua reputazione. Per gli uni era il grande teorico, per gli altri lo svitato dell’Artico.

Sulla base delle sue teorie e delle sue cartografie immaginarie, velieri percorsero i mari ghiacciati del circolo polare artico nell’infruttuosa ricerca di una corrente d’acqua tiepida che consentisse di raggiungere il novantesimo parallelo Nord. Inutilmente cercarono le tracce della spedizione di John Franklin, perduta nella ricerca del passaggio a Nord Ovest; molti smarrirono la rotta e naufragarono tra i ghiacci come la Admiral Tegetthoff di Julius Payer.

Nel settembre del 1878 Petermann si sparò un colpo alla tempia, forse deluso dai suoi fallimenti, forse semplicemente depresso d’indole. L’anno successivo l’ufficiale americano George Washington De Long a bordo della Jeannette tentò un ultimo assalto al polo Nord, ancora una volta facendo affidamento sulle carte di Petermann. Quello che ne seguì fu un ulteriore tragico fallimento e una vicenda tra le più avventurose e drammatiche dell’epopea artica.

  

Philipp Felsch (Gottinga, 1972) ha studiato storia e filosofia a Friburgo, Colonia, Bologna e Berlino. È professore di storia delle scienze umane alla Humboldt-Universität di Berlino.

  

L’uomo che inventò il Polo Nord di Philipp Felsch (Nutrimenti), 272 pagine, euro 18,00 - ISBN 9788865941515 - Traduzione di Andrea Bianchi