In una città qualunque uno spietato assassino seriale dà il via al proprio programma di morte iniziando a colpire e sostituendo parti dei corpi delle proprie vittime con pezzi analoghi di un manichino. L’indagine sul barocco pluriomicida viene affidata all’Ispettore Amaldi, psicologo della polizia dal passato tormentato e mai dimenticato del tutto. Nel bel mezzo di una città che lentamente sta impazzendo per uno sciopero di netturbini, nel bel mezzo di una indagine circa le molestie ricevute da una giovane e bellissima studentessa universitaria, tra i flash del passato terribile di ogni protagonista, Amaldi e l’assassino si rincorrono. Fino a che il mistero non sarà svelato… tornando indietro nel tempo, fino ai giorni in cui, poco fuori città, il vecchio orfanotrofio comunale finì distrutto in un misterioso incendio.  Esistono vari modi di trasportare una avvincente e robusta “vicenda seriale” dalle pagine di un libro alla pellicola o al supporto digitale di un DVD. Esistono grandi trasposizioni, riuscite in tutto, come per esempio Il silenzio degli innocenti, film spettacolare, vero e proprio apripista, a pieno diritto, del filone “serial thriller”, o meglio ancora il precedente acerbo di Manhunter di Thomas Mann, indiscusso cult movie del genere. E poi esistono le mezze delusioni (mezzi successi a guardarli con la filosofia del bicchiere mezzo pieno), come I fiumi di porpora, film che solitamente, a fronte di grandi prestazioni in alcuni campi come recitazione o fotografia, montaggio, regia, si rivelano poco rispondenti alla trama oppure pedisseque e sterili copie carbone. E poi esistono gli assoluti insuccessi, quei film che fanno davvero arrabbiare, per la grande occasione sprecata e per il poco rispetto con cui ci si avvicina alla fonte. Purtroppo questo film è da inserire tra i grandi flop. Capiamo benissimo che la storia di partenza, il buon romanzo di Luca Di Fulvio L’impagliatore – recensito nelle pagine del sito – sia effettivamente una sirena terribilmente tentatrice. Una storia ben organizzata, scritta a fronte di uno studio psicologico e psichiatrico serio e documentato, con buoni colpi di scena e un ritmo invidiabile, è per forza di cose richiamo fortissimo per chiunque voglia cimentarsi con il genere partendo da una trama consolidata e di sicuro impatto. Però, non è possibile bistrattare uno dei migliori thriller dell’ultimo lustro partoriti in Italia con un’opera come Occhi di Cristallo. Il film, a fronte di un generale rispetto della trama, perde nella sua evoluzione nodi di importanza strategica enorme, coloriture che avevano fatto grande il libro, decidendo di concentrarsi esclusivamente sulla caccia al serial killer e tralasciando molti spunti di riflessione funzionali anche alla soluzione del mistero e alla cattura del maniaco omicida. Tutti i filoni di inchiesta importantissimi relativi all’orfanotrofio incendiato e distrutto, alla figura del poliziotto morente Ajaccio, al passato dell’ispettore Amaldi, sono ridotti a siparietti brevissimi funzionali solo ad accennare quelli che nel libro sono passaggi nodali e della bella storia di Di Fulvio costituiscono un po’ l’ossatura. Per non parlare della tormentata love story tra Ispettore e studentessa universitaria… solo accennata senza che in profondità si leggesse nulla della psicologia dei due. Già sulla trama e sulla sceneggiatura, insomma, non ci siamo. La scenografia, fondamentale nelle descrizioni e nella trasmissione di quel senso di claustrofobia generale, che nel romanzo attanagliava, con la trovata della putredine crescente per le strade della città (colpa di uno sciopero di netturbini), vive solo di un passaggio inconcludente, immotivato: un sacchetto lanciato da un balcone. La città resta non definibile, non identificabile… ma si perde la fondamentale dicotomia tra città e Città Vecchia, imprescindibile centro caldo dell’intera vicenda. Altro imperdonabile errore. Le caratterizzazioni e le interpretazioni lasciano anch’esse a desiderare. Lo Cascio, scelto come implosivo mattatore, si rivela non all’altezza della situazione: un personaggio terribile, divorato da odio e rimorsi come il suo alter ego nel libro, in pellicola prende forma e sostanza di iracondo esplosivo, capace di atti di violenza non controllati, che nel film più che di un crociato vendicativo distrutto dal proprio passato danno l’idea di un esaltato violento quasi per il puro gusto di esserlo. Una volta che il Primo Attore perde la propria credibilità, anche le prove dignitose dei comprimari vanno a farsi benedire. Regia, montaggio e fotografia parrebbero ispirarsi, come le note pubblicitarie di retrocopertina suggeriscono, ai Maestri del genere italiano Mario Bava e Dario Argento. Dei due v’è poco o nulla per dire la verità. Il film rallenta in molti momenti, ha brevissime accelerazioni e pochi momenti felici. Solo alcuni tratti di onirismo, rubati più che al glorioso passato italiano a qualche nuovo rampollo del cinema di genere iberico – Balaguerò su tutti – mantengono almeno un poco di interesse in una pellicola girata in modo scolastico. Extra: Quasi inesistenti, presente solo il commento del regista Eros Puglielli e dell’attore Luigi Lo Cascio. Compare anche il trailer originale. Un DVD allestito in modo mediocre, troppo costoso nei sui 17 euro, per quello che offre. Un prodotto forse cosciente di non valere molto… da avere solo in casi di stretta necessità di collezione.

Valutazione tecnica

Disco allestito in modo spartano: un doppio strato che supporta solo il formato audio 5.1, con sottotitoli solo in italiano ed unica pista audio nella nostra lingua. Assente il DTS. Formati video sono i soliti due accessibili, ossia 1.85:1 e 16:9

Extra

Commento audio del regista e di Luigi Lo Cascio e Trailer del film