Corre l’anno 1971 e la tv di casa nostra si appresta a farsi colonizzare dai serial statunitensi. Una coproduzione europea (Francia, RDT, Belgio, Paesi Bassi, Svizzera, Italia, ai quali si aggiunge anche il Canada) lancia la sfida calando una tris di assi: la grandeur francese ben decisa a impedire la penetrazione d’Oltreoceano; un autore della Belle Époque, Maurice Leblanc, trasgressivo quanto basta da proporre un ladro come eroe (un ladro-gentiluomo sì, ma non certo un Robin Hood moderno); un attore della Comédie Française, Georges Descrières, abbastanza giovane (ha appena 41 anni) ma talmente bravo da conquistare la scena nei panni di Arséne Lupin.

La serie, in Francia, ha inizio con un episodio, Il tappo di cristallo, che viene trasmesso il 18 marzo del 1971 e che sarà il primo di 26: dopo infatti le 13 puntate della prima serie, se ne faranno altre 13 nel biennio 1973-1974; poco se rapportato ai livelli di produzione attuali (considerando che ogni episodio dura all’incirca 50 minuti), ma molto per una RAI, allora monopolista, che si sta attrezzando a fatica per combattere la calata dei detective a stelle e strisce: solo del 1973 è la prima nostra serie moderna poliziesca (solo 6 episodi), Qui Squadra Mobile, mentre tra il 1976 e il 1979 sbarcano in Italia Kojak e Colombo. Pur non rispettando la sequenza originale degli episodi (che a loro volta non seguono la cronologia dei romanzi di Leblanc da cui sono stati tratti), la RAI comunque provvede a mettere subito in onda la serie: il 22 agosto del 1971, sul Programma Nazionale (l’attuale RaiUno) viene trasmesso Victor della Squadra Mondana, secondo episodio che, come gli altri, purtroppo in Italia vediamo in questo primo passaggio in bianco e nero.

Tornando a Il tappo di cristallo, qui mancano ancora gli ingredienti di maggior interesse: i duelli tra il nostro ladro-gentiluomo con l’ispettore Guerchard e soprattutto con l’investigatore inglese Herlock Sholmes, scoperta parodia di quello Sherlock Holmes che, per diritti d’autore, Leblanc non aveva potuto utilizzare tale e quale nei suoi romanzi.

In compenso fanno subito la loro comparsa due costanti di tutta la serie: il fedelissimo collaboratore Grognard, senza il quale Lupin si troverebbe a disagio pur non ammettendolo mai; e la straordinaria capacità mimetica di questo briccone per cui il travestimento è un’arte talmente sopraffina che di lui si può dire, con le parole del suo contemporaneo Pirandello, che è “uno, nessuno e centomila”.

Naturalmente quel che lo scrittore si può permettere sulla pagina (il mimetismo di Lupin è perfetto se nascosto da nomi fittizi e da abili descrizioni) il regista non può farlo sullo schermo: basta un lampeggiare d’occhi e un accenno di ghigno che scopriamo immediatamente sotto le spoglie di innocui maggiordomi, vecchietti malati, giovani borghesi, anonimi passanti il sinistro fascino di Lupin/Descrières.

Un avvio quindi un po’ lento (e forse è questo il motivo che ha fatto scegliere alla RAI un diverso episodio per presentare la serie in Italia), ma ricco di fascino e con una buona recitazione: esattamente l’opposto, ci verrebbe da dire, maliziosamente, di quel che ci propone troppo spesso la tv di questi giorni.

Voto: 7