Miranda scuote la testa con aria afflitta e mi dà di gomito in mezzo alle costole, è chiaro che secondo lei non sono in grado di capire e io mi sento del tutto d’accordo sulla mia totale incapacità in proposito. La giovane madre giapponese continua a cinguettare, l’interprete a tradurre e la Sorella Maggiore in Affitto a mediare. Ma io ancora non capisco. Al di là di quella porta c’è il nostro ragazzino irrequieto che ha messo a soqquadro gli archivi informatici di una dozzina di società oltre il Pacifico e noi non possiamo parlarci perché, meraviglia delle meraviglie, esce fuori che lui non apre mai quella porta da qualcosa come almeno quattro anni. La madre, con uno strano tono di acquiescenza e malsano orgoglio, ci mostra lo sportello di legno, tipo gattaiola, attraverso cui fanno passare i viveri. Il ragazzo, ci spiega, ha il bagno in camera e tutto il necessario per sopravvivere. Lui passa fuori la lista di quello che desidera, loro glielo comprano e lo approvvigionano con frequenza regolare attraverso lo sportellino. Il trionfo della tanto famigerata efficienza nipponica non mi scuote più di tanto mentre mi diletto a immaginare, che so io, un padre casertano e una madre di Posillipo nella stessa situazione. Dottore, mio figlio non vuole più uscire dalla stanza, che dice mi conviene comprargli l’ultimo modello della Nintendo così può giocare più tranquillo? Il parlottio da cinciallegra continua fitto mentre Miranda sembra compenetrarsi nella situazione, totalmente persa tra foglioline di tè e biscottini della fortuna. Ah no, mi correggo da solo, quelli sono cinesi, ma tanto qui chi ci capisce più niente... Cinesi o giapponesi mi pare che cambi poco. Se il nostro Fumigai, o come si chiama, fosse nato nel Bronx probabilmente sarebbe entrato a far parte di una gang di dervisci debosciati per meglio esprimere il suo dissenso culturale. Oppure, nei quartieri più alti, sarebbe diventato un nerd stereotipato o un sofisticatissimo Emo Boy. Qui invece, schiacciato dall’omologazione, per ritornare a essere una persona non ha avuto altra scelta che quella di ritirarsi in una sorta di esilio volontario, prigioniero di una torre fatta di circuiti e silicio invece che d’avorio. Pare che le aspettative di successo siano molte alte da queste parti e che l’ostracismo per il fallimento personale sia tale da far impallidire tutti e nove i gironi danteschi. Ma, mi domando, in mezzo a tutte le birichinate che il nostro Fumagai poteva inventare, perché violare proprio i server di anonime e poco altolocate aziende italiane? Perché non divertirsi ad esempio con i firewall dell’FBI? O con quelli della NASA, magari. Più che una dimostrazione sembra quasi una provocazione, un segnale di richiamo, forse un grido di aiuto. Aiuto per cosa, però? Sono convinto che la questione sia tutta qui. Quale può essere il maggiore problema per chiunque si sia recluso volontariamente in qualche prigione artificiale, più o meno dorata?

Intanto l’assistente sociale, la famigerata Sorella Maggiore, ci sta spiegando che in Giappone anche la pressione scolastica è fortissima, e il fenomeno del bullismo molto sviluppato. È facile che si venga maltrattati a scuola perché troppo magri, troppo grassi, o perfino perché troppo bravi. Un brivido comincia a corrermi in mezzo alla schiena mentre la sento declamare un noto proverbio giapponese che, secondo lei, riassume tutto. Il chiodo che sporge va preso a martellate. Non basta il suono melodico e cinguettante delle vocali che si arrotolano sulla sua boccuccia di rosa canina per mitigare il tono della frase. Se qui ci tengono tanto a livellare, perché siano tutti, inesorabilmente, uguali e perfetti, allora forse c’è un perché se tra tante nazioni il nostro piccolo Fumagai abbia scelto proprio la nostra per compiere il suo bravo gioco di prestigio da pirata informatico.

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In albergo fatico non poco a convincere Miranda, tanto che lei, alla mia prima declamazione, persiste a squadrarmi scettica come se sospettasse effetti collaterali del mostruoso jet lag che ancora ci attanaglia. Ma io insisto.

– Capisci, Miranda? Basta navigare un po’ in internet per farsi un’idea chiara delle nazioni e delle caratteristiche dei popoli che le abitano. Gli americani sono pragmatici, gli inglesi diplomatici, gli svizzeri meticolosi. E noi siamo un popolo di eroi, di santi, di poeti, di artisti, di navigatori... Possibile che non capisci, Fumagayo o come diavolo si chiama, desidera solo rivendicare la propria unicità, vuole essere portato via.