Terza puntata dello speciale sul mondo che circondò William Shakespeare e la sua opera. Dopo averci illustrato i romanzi che si focalizzano sulla “truffa” che si celerebbe dietro questo nome illustre ed averci fatto conoscere la lingua utilizzata dall’uomo che fu Shakespeare, Chiara Prezzavento ci guida questa volta fra gli altri grandi scrittori che lavorarono nello stesso ambiente, ispirandosi spesso a vicenda.

Diamole quindi subito la parola.

                     

Tendiamo a immaginare Shakespeare come un astro solitario immerso in una specie di vacuum letterario - ma nulla potrebbe essere più diverso dal vero. Il fatto è che la Londra elisabettiana e giacobina pullulava di playwrights, tutti intenti - da soli o in collaborazione - a scrivere, riscrivere, scopiazzare, tagliuzzare, combinare quantità industriali di tragedie, drammi e commedie per saziare l’entusiastica domanda di folle affamate di teatro. Londinesi, provinciali calati in città e visitatori stranieri, popolani, mercanti e aristocratici si affollavano nei teatri e nei cortili di locanda cinque pomeriggi la settimana (a meno che non piovesse troppo forte, si fosse di Quaresima o nel corso di una recrudescenza di peste) aspettandosi di ridere, piangere ed entusiasmarsi, e pretendendo lavori sempre nuovi.

Per un poeta, una carriera nel teatro appariva più stabile e più redditizia della maggior parte delle altre maniere di guadagnarsi da vivere scrivendo - per quanto la fama teatrale fosse ondivaga e relativa, la gloria riservata in gran parte agli attori e la possibilità di mettersi nei guai con le autorità piuttosto concreta. Inoltre, al teatro era associato uno stigma sociale ereditato pari pari dal Medioevo, al punto che in teoria all’intero della cerchia delle mura cittadine non potevano tenersi rappresentazioni, né poteva abitarvi chi fosse in qualche modo legato ai teatri. Ma in realtà questi divieti non erano applicati in modo particolarmente stretto, e la combinazione di fama e denaro funzionava come una sirena per molti eruditi squattrinati usciti dalle Università, come gli University Wits, giovanotti di molte lauree e belle speranze, che confluirono a Londra negli Anni Ottanta del Cinquecento e scrissero per le compagnie più importanti.

  

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