Da maggio ad agosto 2011 ha dato ottimi risultati un esperimento tentato dalla Image: una serie a fumetti con un protagonista d’eccezione che tutti credevano morto, proprio come il suo eterno rivale.

Come raccontato ne L’ultima avventura (The Final problem, 1893) dal suo creatore Arthur Conan Doyle, nel 1891 le cascate Reichenbach in Svizzera fanno da tomba tanto al celebre Sherlock Holmes che al professor James Moriarty. Ma quest’ultimo si è salvato, condannato a rimpiangere l’eterno nemico.

La serie Moriarty inizia con una storia in quattro puntate, The Dark Chamber - scritta da Daniel Corey e disegnato da  - che fa anche da introduzione al personaggio protagonista.

«Sin da quando ero bambino il Drago mi ha inseguito», si presenta Moriarty, che ora sente la mancanza di quel Drago. È il 1914 e Londra non è immune dai venti di guerra che spazzano l’Europa. Il 28 giugno è passato, l’arciduca d’Austria Francesco Ferdinando è stato ucciso dal serbo Gavrilo Princip, giovane affiliato alla Mano Nera: Londra ha soppresso quella pericolosa società segreta - e Gavrilo è divenuto uomo di fiducia di Moriarty! - ma il male da essa seminato sta germogliando: la guerra si avvicina e il futuro è quanto mai incerto.

In questo desolato panorama si aggira James Moriarty, provato da vent’anni di solitudine e dal continuo nascondersi - ora infatti si fa chiamare Trumbold. La sua attività “ufficiale” si basa sull’import/export navale, ma spesso viene assunto per indagare nei bassifondi. Così non si stupisce quando un misterioso uomo del servizio segreto britannico gli affida una missione inaspettata: ritrovare lo scomparso Mycroft Holmes, fratello maggiore di Sherlock nonché co-fondatore del Club Diogenes, come ci viene raccontato ne L’interprete greco (The Adventure of the Greek Interpreter, 1893).

Parallelamente alla scomparsa di Mycroft, un altro professore fa perdere le proprie tracce: il professore Rupert Thomason, della Durham University, con cui Moriarty ebbe modo di lavorare in passato. Sono due casi separati o c’è qualche nesso in comune?

Moriarty, la donna-ninja Jade e Watson
Moriarty, la donna-ninja Jade e Watson
Le indagini di Moriarty lo conducono nei peggiori ambienti della malavita londinese, da lui ben conosciuti. Lo spingono quindi a chiedere l’aiuto di una vecchia amica, Ami Chizu Akiba detta Jade: questa fenomenale donna-ninja dalle doti incredibili aiuterà il professore ad affrontare i mille nemici che stanno preparando un futuro apocalittico tanto per Londra quanto per il mondo intero.

La particolarità della sceneggiatura è che si avvale di molti agganci alla realtà storica che danno molto più sapore al tutto. Per esempio durante le indagini a Moriarty capita di incontrare Mata Hari in persona, la celebre ballerina nonché spia olandese.

Particolarmente stuzzicante l’accenno al fatto che lo scomparso professor Thomason era in contatto epistolare con il collega giapponese Tomokichi Fukurai, professiore di psicologia alla Tokyo University, il quale si congratula con il britannico per il successo degli esperimenti sulla nensha. Tomokichi è un personaggio reale, divenuto celebre per le sue ricerche sui poteri occulti e sulla nensha, parola cinese usata per indicare il potere di imprimere su un materiale un’immagine mentale, se non proprio il passaggio di un pensiero da una mente all’altra.

Fra le donne con cui Tomokichi tentò i suoi esperimenti ce n’è una di nome Sadako Takahashi, ed è lei che aveva in mente lo scrittore Kōji Suzuki quando creò il suo celebre bestseller Ring, dove gli esperimenti occulti di Tomokichi hanno un ruolo fondamentale e dove la protagonista “maligna” si chiama appunto Sadako.

                                                

Mata Hari disegnata da Anthony Diecidue
Mata Hari disegnata da Anthony Diecidue
Ma può esistere un cattivo senza il buono? Può esistere Moriarty senza Sherlock Holmes?

Durante la storia in realtà Holmes c’è sempre, nelle piccole cose. C’è il dottor Watson che lavora per il servizio segreto britannico così come c’è l’ispettore LeStrade; c’è anche l’arte del travestimento, anche se è Moriarty ad applicarlo. («Grazie agli assurdi racconti del dottor Watson, tutti ricordano Holmes come un maestro del travestimento: nessuno pare sapere che in realtà era un disastro».) Quando al protagonista viene chiesto se ricorda di un certo Holmes, la risposta è deliziosa: «Mi sembra di averne letto su The Strand. Qualcosa di ridicolo riguardo una valle della paura.»

Amanti del celebre investigatore non temete: Holmes farà sempre parte di Moriarty.

«Si sta avvicinando il vento dell’est, un vento che non ha mai soffiato sull’Inghilterra, sarà un vento freddo, pungente, Watson, e molti di noi rabbrividiranno alle sue raffiche»: queste le parole con cui Conan Doyle - nel 1917 e quindi in piena guerra - congeda il suo odiato eroe ne L’ultimo saluto (His Last Bow). È una previsione inquietante perché vera oltre ogni idea che lo scrittore potesse concepire: questa è l’atmosfera che si respira in questa prima storia di un ciclo che ci si augura lungo e prolifico, l’atmosfera di cambiamento ma anche di rinnovamento. E il rinnovamento, si sa, si ottiene calpestando il cadavere del passato: ma sarà veramente morto Sherlock Holmes?