…alla morte si arriva vivi. Che paradosso! La gente che mi sta attorno sembra mezzo morta e io, che sono mezzo morto, mi sento vivo il doppio.

Auguste Vitrand è un pentito di mafia in attesa del compleanno (il processo). Con la sua nuova identità, inserito in un programma speciale di protezione, vive nascosto a Colletta di Castelbianco, paese medievale dell’entroterra ligure. Dopo il restauro a opera dell’architetto Giancarlo De Carlo, Colletta ha acquisito un’anima tutta nuova di silicio e fibre ottiche: è infatti il primo villaggio cibernetico dì Europa, il punto di incontro di artisti, industriali, finanzieri e giornalisti in carriera. Un luogo esclusivo: case diverse una dall’altra, ciascuna con il proprio giardino, pavimenti in materiale refrattario per camminare scalzi e connessione permanente e superveloce a Internet. Un paradiso, in un certo senso. Ma, a ben guardare, un paese privato dell’anima e anime private di un paese. Perché vi abitano forestieri misteriosi e avidi della propria privacy. E mentre Auguste indaga sulla morte della donna amata, per Colletta cominciano a circolare informazioni strane e sotterranee: sul passato e sul presente di alcuni ospiti in vista. Infatti, niente si propaga bene come il male, e il rumore non fa bene e il male non fa rumore. Per tutelare l’incolumità propria e dei familiari, Auguste è disposto a tradire il boss, don Rinuccio, di cui intuisce le trame segrete ai suoi danni. Perché vittima e carnefice sono legati da un filo sottile. Quel filo sottile è il veleno che tutti noi abbiamo in corpo. Basta un niente per passare il confine fra l’uomo e la bestia

Di professione investigatore privato a Savona, Daniele G. Genova racconta storie con un’attenzione particolarissima per l’uomo e il suo cambiamento interiore. Con Alla morte si arriva vivi ci regala un romanzo frenetico, pervaso da atmosfere gotiche e hitchcockiane. La scrittura densa e misurata tradisce i suoi trascorsi di poeta e l’abitudine, tutta ligure, di dialogare con gli occhi.

L’intimità con il paesaggio suona come rammarico e denuncia di una terra che tradisce se stessa, perché  una volta c’erano basilico e gerani alle finestre, bambini mezzo nudi nei carreggi, capre nelle stalle e fumo di legna nei camini. Adesso non c‘è più niente.Come  afferma Andrea G. Pinketts nella prefazione, Daniele G. Genova sa come pochi raccontarci i crepacci… è uno scrittore in ostaggio delle proprie radici e un detective privato che sta pedinando una nuvola.