Dove sei quando scrivi? Sia fisicamente che mentalmente

Normalmente sono davanti a un pc, in genere protetto da quattro mura. Può essere casa mia, quella di campagna o un altro posto, ma mi piace lavorare in una stanza, preferibilmente circondato da libri. Lavorerei meglio di mattina, ma in genere lavoro, per cui spesso scrivo di sera. Un tempo adoravo proprio farlo di notte, ma sto invecchiando e le abitudini cambiano. Mentalmente? Ah, quello è un altro discorso. Sono nella  storia, sono con i miei personaggi, vivo i loro dialoghi, provo le loro emozioni.  Questo non soltanto mentre scrivo, però… In genere la pagina scritta è l’ultimo atto di un lungo percorso di immaginazione, che mi fa compagnia in qualunque momento della giornata.

Come scegli le tue vittime, e i tuoi assassini?

Dipende dalla storia, dal contesto in cui matura. Per le vittime mi è capitato di ispirarmi a casi realmente accaduti, ovviamente rivisitati in termini totalmente creativi e slegati dalla realtà effettiva delle inchieste giudiziarie. In altri casi, scelgo un “prodotto del contesto” che voglio andare a raccontare e lo creo di sana pianta. Per gli assassini, cerco di fare in modo che sia qualcuno di inaspettato, oltre che di plausibile. Però, molte volte, è la storia stessa che evolve, mentre la scrivo, in una direzione e non posso fare altro che seguirla.

Qual è il tuo modus operandi?

Io vuoto il sacco, va bene, ma siamo sicuri che non ci debba essere un avvocato, qui? Sto rendendo piena confessione, spero se ne tenga conto! Allora… In genere vengo colpito da qualcosa, una notizia, un racconto… potrei dirti che negli anni ho accumulato un vero e proprio archivio di spunti che hanno suscitato il mio interesse. Arriva a un certo punto il momento in cui dalla semplice curiosità, dall’interesse si passa a pensare a una struttura, a una storia possibile. Non pianifico i vari passaggi, ho un’idea di massima di ciò che potrebbe accadere, poi parto con la scrittura e lascio che la storia mi sorprenda e mi prenda per mano.

Chi sono i tuoi complici?

Eh, quella sì che è gente dura… Tipi tosti… Amo molto scrivere a quattro mani e ho condiviso questa esperienza con diversi autori, che sono ben lieto di chiamare a correo. Con Ettore Maggi, Rino Casazza e Sabrina De Bastiani (in rigoroso ordine di apparizione) dal 2008 a oggi ho condiviso molte avventure letterarie e sono loro molto grato, perché hanno contribuito a formarmi, farmi maturare. Trovo divertente e stimolante condividere la fase di ideazione e la realizzazione dei vari progetti letterari, ho sempre visto la presenza di un complice come un autentico valore aggiunto. Quando scrivo da solo, invece, tendo a isolarmi molto, lavoro nella solitudine più estrema. Andate a stanare i miei complici, metteteli alle strette, vedrete che confermeranno tutta la storia!

Che rapporti hai con i tuoi lettori e le tue lettrici? Avanti, parla!

Calma, va bene, lo ammetto! Mi piace molto incontrarli durante le presentazioni e quando capita qualche contatto attraverso i social, i media, ecc. sono molto felice, perché è sempre interessante vedere cosa diventano le storie che ho scritto quando passano nelle mani di un lettore o di una lettrice. La loro sensibilità, il loro gusto, la loro cultura spesso forniscono nuove chiavi interpretative, pongono i testi sotto luci inedite oppure colgono sfumature alle quali, magari, mentre scrivevo  non avevo pensato, almeno a livello conscio. In fondo, si scrive per essere letti, perché qualcuno “viaggi” insieme a te, con le tue parole. Sono loro i veri mandanti, in ultima analisi. Ecco, l’ho detto…

Che messaggio vuoi dare con le tue opere?

Messaggi, io?! Non credo di avere una statura tale da poter lanciare messaggi all’umanità. Spero, attraverso i romanzi e i racconti, di divertire, intrattenere, magari stimolando una curiosità, il desiderio di approfondire un argomento o, nel caso dei romanzi storici, salvaguardando la memoria. Sarebbe, credo, già un risultato enorme. Quest’avvocato, però, quando arriva? E quelle manette? No, dico, stiamo scherzando, ragazzi?!