Da quando uscì nel 1994 Misto maschio – lo scioccante doppio romanzo che narrava di inusuali metamorfosi degli organi sessuali maschile e femminile – ho sempre avuto smisurata curiosità e alte aspettative – spesso disattese – sui lavori successivi di quello che fu considerato all’epoca “il più grande scrittore inglese d’America” per il successo ottenuto oltreoceano. Una sfortunata mattina di mezza estate, libro lontano da quel tipo di atmosfere allucinate, spiazza per altre argomentazioni non meno originali e grottesche. Tom Brodzinski è un uomo comune che si trova in vacanza con la famiglia in una zona coloniale molto estesa, una sorta di continente-isola. I nomi delle località e delle innumerevoli nonché eterogenee etnie presenti sul territorio sono tutti di fantasia e di fantasia l’autore londinese infarcisce tutta la trama, dimostrando di averne da vendere: dal lancio del mozzicone di quella che Tom considera la sua ultima sigaretta prima di smettere, Will Self dà la stura a una storia che diverte per la scrittura utilizzata e fa riflettere per i temi trattati. Le peculiari quanto assurde leggi locali portano il povero Brodzinski a compiere un viaggio dal sapore tanto epico quanto mistico. La società del posto gli piomba addosso e un’economia animata da una misteriosa polizza chiamata “tontina” – una riuscita parodia dei tristemente famosi prodotti derivati e tossici – gli mina le finanze. La prossemica degli abitanti del posto ha un metro diverso da quello occidentale, il contatto umano è fondamentale e in una scena nella quale alcune donne sono impegnate a spidocchiarsi a vicenda, lo scrittore recupera contenuti già sviscerati nel suo Grandi scimmie, ricordandoci ancora una volta quanto il libero arbitrio sia un lontano ricordo per l’essere umano, diventato ormai cavia di programmazioni mentali mirate. Questo sistema sociale, che intrappola lo sfortunato turista, non si cura delle vittime che genera, si nutre di esse. Attraverso metafore di non agevolissima interpretazione Will Self fa muovere il suo personaggio in un contesto che, anche se rappresentato in modo deliziosamente fittizio, ricorda in modo inquietante la nostra società attuale. Non a caso Tom assume gradualmente la consapevolezza di vivere un’esperienza che, seppure traumatica, è speculare alla sua esistenza precedente: si sta conformando a un sistema di credenze inventate, siano esse politiche, economiche o religiose. I parallelismi con l’opera di James G. Ballard sono intuibili nelle ambientazioni e nei temi distopici, non a caso Will Self è stato definito il suo erede. Ma lo stile narrativo col quale sono affrontati questi aspetti è lontano anni luce dalla seriosità del compianto scrittore britannico, risulta invece più apparentabile alla prosa dissacrante di Tom Robbins, in particolar modo nella descrizione di avventure improbabili solo perché trovano adeguata sede in universi paralleli. Un numero non esiguo di noiose pagine in meno e avrei gridato al capolavoro.