Nato a Bologna nel 1939, Romano Montroni, professore a contratto nel master in Editoria cartacea e multimediale di Umberto Eco presso l’Università di Bologna, dal 2001 docente della Scuola per Librai Umberto ed Elisabetta Mauri nei seminari di perfezionamento e nei corsi monografici, è stato a lungo direttore delle Librerie Feltrinelli e dal 2005 collabora con le Librerie Coop. In “Libraio per caso - Una vita tra autori e lettori” ha scritto la sua storia per concretizzare nero su bianco la lunga avventura nel mondo dei libri, legata in particolare – ma non solo – al nome di Feltrinelli.

Il libro è un gioiello di storia della città e storia editoriale, scritto con la voce fluida e sincera della memoria, interessantissimo per tutti gli addetti ai lavori e per i lettori in generale. Dalle pagine trapela la grande passione che ha animato un mestiere, quello del libraio, non facilissimo in una congiuntura culturale come quella degli ultimi quarant’anni, in cui il mercato dell’editoria è “una piccola torta. Resa ancor più piccola e insapore dalla folta pattuglia dei non lettori”.

Sembra che la casualità sia stata artefice del suo destino, fin da quando, ragazzo, sceglie per caso il mestiere del fattorino per la Libreria Rizzoli. Ma è proprio così? Non c’era anche la stoffa del libraio?

No, credo che sia stata solo casualità. È anche vero che io sono del sagittario e, come si conviene al mio segno, ho grande passione per il lavoro. Ero proprio afono rispetto a questo mondo, venivo da una periferia differente, ma una volta approcciato ho scoperto un mondo che era il mio. Qual è l’altro mestiere che ti dà le stesse possibilità, trattare coi libri, conoscere gli autori? Qui curi tutti i libri: qual è un palcoscenico di tale ampiezza? Io allora ebbi la fortuna di incontrare Giangiacomo Feltrinelli, ora esistono bravi editori, ma personaggi così - come Alberto Mondadori o Giulio Einaudi - non esistono più, sono figure mitiche ormai scomparse.

Se lei dovesse concentrare in una sola qualità il talento del libraio?

La curiosità. Se un giovane non è curioso non può fare questo mestiere. Un libraio deve avere una visione a 360 gradi e quest’ampiezza di vedute nasce solo dalla curiosità. Il libraio moderno deve lavorare sul merchandising, sull’esposizione, sulla proposta. Un libraio ha il dovere di tenersi informato sulle pagine culturali dei quotidiani. Deve leggere i giornali, il più completo è Repubblica. Ma non solo. Un esempio? La notizia di oggi dice che la borsa è crollata di quattro punti. Quindi un libraio che lavora nel settore economia di una libreria deve esporre e proporre dei testi a tema che possano suscitare curiosità nei clienti. Il nostro paese ha uno tra i più bassi indici di lettori del mondo, il nostro mestiere deve invogliare alla lettura.

Tra tutti i momenti di gratificazione trascorsi quando lavorava per Feltrinelli, qual è quello più emozionante?

Quando mi fu assegnata la Citroen DS di Giangiacomo Feltrinelli, una macchina fantastica, con la dichiarazione che la persona adatta a guidare quella macchina ero io. Quando arrivai a casa e feci fare un giro a mio figlio in tangenziale, mi sembrava davvero di volare perché quella era una macchina che un umano che si chiamava Romano Montroni non si poteva permettere di comprare. Era un simbolo fortissimo.

A pagina 145 lei dedica diverse righe alle capacità delle donne, da cui si evince la sua fiducia nelle loro risorse...

Ancora oggi sono convinto di questo. Ho la fortuna di fare la selezione del personale e devo dire che su 26 librerie, 17 sono dirette da donne.

Loro hanno una caratteristica in più: uno spirito di abnegazione che i maschi non hanno. Non sono timide, sono estroverse, si mettono in gioco.

Ha detto che si occupa lei della selezione del personale. Quanto conta il curriculum?

Poco. Il momento decisivo è il colloquio individuale. A volte anche se uno non ha mai letto un libro può essere adatto.

Se non avesse fatto questo mestiere, quale altro avrebbe scelto?

Mi sarebbe piaciuto fare comunque un lavoro manuale, come il libraio. Oppure mi sarebbe piaciuto insegnare e adesso che lo esercito come docente, mi rendo conto che mi piace aver a che fare coi giovani, trasmettendo una conoscenza.

Nel suo libro ha sottolineato l’importanza della libreria come luogo di interscambio culturale col territorio. Come vede la cultura oggi, nel nostro paese?

La vedo malissimo. La cultura parte dalla scuola, che viene limitata, segregata e mortificata. Non posso che avere una pessima idea di chi governa questo paese, perché sta smantellando la cultura. Nei paesi a forte e medio sviluppo non è limitata. In Italia i primi tagli li hanno fatti alla cultura. La Germania è il paese che ha i più forti lettori del mondo e le più belle librerie del mondo e per fare il libraio devi fare due anni di corso, pensi alla dignità che conferiscono al libro. Noi abbiamo biblioteche costrette a chiudere alcuni giorni la settimana, senza mezzi. E siamo il terzultimo paese quanto a lettori.

Nel suo libro ha speso parole di stima per diversi collaboratori, superiori o colleghi incontrati. Compaiono solo persone in gamba...

Ho citato solo le persone in gamba ma in questa, come in tutte le realtà, ci sono i mediocri come i grandi. Ho imparato una cosa, però: che i veri grandi, come Valentino Bompiani o Giulio Einaudi, ti fanno sentire a tuo agio, non salgono mai sul piedistallo. Ho conosciuto invece molti mediocri che, dall’alto del loro scranno, ti trattano come se fossi l’ultimo degli addetti ai lavori. Ce ne sono parecchi, sia di lettori sia di scrittori.