The Town, seconda regia (dopo Gone Baby gone) per Ben Affleck.

Passo indietro o in avanti? Indietro…

In superficie si presenta come un heist-movie, mentre dentro si scorge una Sindrome di Stoccolma rovesciata (dove è il rapitore ad innamorarsi dell’ostaggio).

Il contenitore che tutto accoglie invece è una riflessione (??) antropologica sul significato dell'essere delinquenti, evento quanto mai probabile per chi ha la sfortuna di nascere a CharlesTown, un quartiere di Boston dove si registra un numero di rapine a danni di banche da Guinnes dei Primati (300 l'anno...), con i figli che continuano il mestiere dei padri.

Spacchettato il film però, i conti non tornano perché a dispetto dei temi, il film non ha né il coraggio, né la giusta messa fuoco necessari in casi come questi.

Insomma, il materiale è tanto, ma i fronti aperti sono troppi e Affleck cerca, inutilmente, di governare il tutto. Le pecche: in termini strettamente cinematografici riguardo a “rapine in banca”, si è visto di meglio; non tanto Heat, citato dai più, quanto Point Break (i Presidenti di allora sostituiti dalle suore di oggi…), così come non sono mancati rapporti tra banditi e ostaggi più stuzzicanti e riusciti del duo Affleck/Rebecca Hall (Clooney/Jennifer Lopez in Out of Sight, ad esempio…), mentre per quanto riguarda il côté criminale questo del film è sbiadito assai (molto meglio allora un Ferrara d’annata o a James Gray, magari Little Odessa…).

Anche la regia segna il passo. La strada battuta da Affleck è la più semplice: primi e primissimi piani quando è in scena lui, per passare all'inquadratura traballante quando c’è un po’ d’azione.

Presentato fuori concorso alla 67ma Mostra Internazionale del Cinema di Venezia.