Se di solito i film sulle fughe “ci” hanno il destino nel titolo (La fuga di Logan, Fuga di Mezzanotte, Fuga per la vittoria, Fuga da Alcatraz. La grande fuga, Fuga dalla scuola media perfino…) con Argo di Ben Affleck stavolta no (ma sempre di fuga si tratta…).

1979. Tony Mendez (Ben Affleck), agente CIA, riceve l’incarico di liberare dall’ambasciata canadese in quel di Tehran sei dipendenti dell’Ambasciata americana sfuggiti di un soffio all’irruzione dei pasdaran iraniani nell’ambasciata stessa e conclusasi col relativo sequestro del personale americano (che per la storia diede vita ad un lunghissimo braccio di ferro tra l’allora presidenza Carter e l’Iran dell’ayatollah Khomeini…).

Attenzione, giacché il sistema architettato al fine di “esfiltrare” i sei semi-sfortunati è di quelli capaci di innescare una di quelle vertigini che non si trovano tutti i giorni (è va pure bene così perché altrimenti sai che pizza…): c’è un film, Argo (di finzione), che si rifà ad un episodio vero, dove fu allestito un film (falso ma che fu creduto vero…).

Comunque niente di complicato a voler rimanere in superficie giacché la macchina del tempo funziona che è una meraviglia (come sembrano strani gli anni 70 visti da oggi…) così come funziona altrettanto bene la suspense che raggiunge il suo picco quando la missione sembra andare a monte ma a saperlo, nel più puro insegnamento hitchcockiano, siamo soltanto in due, noi e Mendez mentre gli ostaggi, all’oscuro di tutto, iniziano ad assaporare la fine di un incubo. Aggiungeteci la notevole sequenza finale dove impazza il montaggio alternato/parallelo (residenza dell’ambasciatore canadese, aeroporto, e lo spettacolo e servito (e completo di tutto…).

Sbalordimento finale con i titoli di coda da una parte e i documenti con relative foto dei veri protagonisti dall’altra: la scelta degli attori (e il make-up…) rasenta la perfezione.