Dove è finito il furore politico che emergeva dalle interviste rilasciate da Oliver Stone a ridosso dell’uscita del suo Wall Street: Il denaro non dorme mai, sequel, a distanza di ventitré anni, del precedente quasi omonimo?

Domanda più che lecita perché stavolta tra un titolo tossico, un listino di borsa, un vestito firmato, un pizzico di vita bling bling, il marcio che alligna nel mondo bancario riesce al massimo del suo “splendore” a produrre un cattivo, uno soltanto (Josh Brolin, assai bravo…), mentre su tutto il resto e tutti gli altri, cala il silenzio.

Ci si aspettava una messa in pellicola feroce del modus operandi dei “signori del risparmio”, quello che qualcuno ha mirabilmente sintetizzato con la semplice formula “privatizzare i profitti e socializzare le perdite” (incassare i dividendi in tempi di vacche grasse, chiedere aiuto ai governi al tempo delle magre…), e invece…

E sì che l’inizio era stato niente male, con l’uscita dal carcere del broker di una volta Gordon Gekko (Michael Douglas) alle prese, fin dal ritiro degli effetti personali con un mondo assai diverso da quello che aveva lasciato solo (solo?) otto anni prima, perfettamente rappresentato dalla dimensione mastodontica del cellulare (che il secondino gli consegna schifato…).

Neanche il tempo di aggiustarsi sulla sedia che il film inizia a scivolare di brutto sul versante privato, quello che vede la coppia Jacob Moore/Shia Laboeuf, broker dal cuore verde (energie alternative) e Winnie Gekko/Carey Mulligan (indovinate la figlia di chi…) misurarsi con l’ingombrante ex-detenuto.

Lo scontro, tra attrazione e repulsione, scivola pacioso sui binari del già visto, complice una sceneggiatura incolore e una regia che di tanto in tanto dà qualche traccia di sé peccando però nel facile effetto (la cinepresa a passeggio tra i grattacieli, improvvise accelerazioni, tipo una giornata intera in una manciata di secondi…).

Comunque alla fine il conto di molti lo paga solo uno (vedi sopra…), uno che aveva avuto la bella pensata di mettersi nello studio la riproduzione di un quadro del Goja, quello dove Urano divora uno dei figli.

Insomma, una cosa in famiglia…