Thriller Café è un sito dedicato al Thriller, sia dal punto di vista documentaristico che letterario. Quando è cominciato il tuo interesse per questa materia e per questo genere letterario?

Sono un lettore di gialli e thriller sin da quando ero alle scuole medie, partito con Agatha Christie e via via passato a esplorare generi e sottogeneri correlati. Da quando ho cominciato anche a scrivere, ho aggiunto saggistica e true crime alla narrativa. Il sito invece è nato nel 2008, quando ho deciso che forse potevo condividere con qualche coraggioso visitatore le mie opinioni sui tanti libri letti.

Thriller Café: perché questo nome? Raccontaci una grande soddisfazione e una grande fatica.

Perché mi piaceva pensarlo come un punto di ritrovo, più che come un magazine o simili. I visitatori vengono, consumano qualche aperitivo giallo e noir, se vogliono fanno due chiacchiere col barman, e oltretutto non pagano. Non è un buon posto in cui passare qualche minuto ogni giorno, uno così?

Di soddisfazioni in ogni caso Thriller Café me ne dà tante. È bello vedere le statistiche di accessi che crescono mese dopo mese, ricevere email di persone che si congratulano con te, o essere contattato da editori del livello di Einaudi o da scrittori di fama nazionale per delle copie recensioni. Se devo dirne una, forse il ringraziamento che Andrew Vachss mi ha regalato nel suo romanzo “The getaway man” (Fanucci 2010): non me l’aspettavo davvero.

Una grande fatica? Rimettere tutto in ordine dopo un attacco hacker. E non ti dico le palpitazioni se mi capita di vedere il sito offline, anche solo per qualche minuto!

Come si mantiene aggiornato il curatore e l’ideatore di un sito del genere?

Leggendo molto, anche se a volte trovarne il tempo è cosa da acrobati; seguendo poi altri siti di settore, sia italiani che stranieri, tenendo contatti con gli uffici stampa, scrittori, altri blogger, e i lettori, chiaramente.

Quanto conta, per un autore, la promozione sul web? E nel tuo caso personale, come ti sei mosso?

Molto, a mio modo di vedere.

In rete si possono innescare passaparola preziosissimi per gli autori, soprattutto per quelli emergenti o esordienti. Nel mio caso, un sito conosciuto come Thriller Café mi ha permesso di avere recensioni o interviste da nomi di spicco del panorama di genere italiano e da numerosi siti di settore, di essere invitato a rassegne, e principalmente di raggiungere un grosso numero di potenziali lettori. I tanti rapporti allacciati nel tempo si sono tramutati in promozione quasi “senza sforzi”, ma qualunque scrittore può cercare di attrarre un pubblico cospicuo anche senza un sito personale, sfruttando le occasioni del web 2.0, dai social network ai forum. L’errore che però non bisogna commettere è quello di essere ostentatamente autopromozionali. A nessuno interessa il libro di Giuseppe Pastore, a meno che: a) non sia un “amico”; b) non sia degno di fiducia. Il mio consiglio quindi è: coltivare i rapporti e dimostrare competenza nel proprio campo. E le soddisfazioni arriveranno.

Il web, data la sua natura illimitata, accoglie indistintamente contributi di chi vi accede. Come distinguere la critica seria da quella pacchiana?

La critica seria è argomentata, precisa e senza pretese di essere il Verbo. E, particolare non da poco, è firmata: il recensore serio non ha timore di crearsi inimicizie quando dice che un libro è brutto, e non si gioca la credibilità elogiando opere mediocri in cambio di favori di tipo vario. Se c’è onestà intellettuale o meno, credo il lettore lo capisca in breve tempo.

Quest’anno sei uscito con un saggio sui serial killer che agiscono in coppia: In due si uccide meglio (Edizioni XII). Qui hai raccontato i più inquietanti gialli della storia criminologica di coppia. Com’è nata l’idea?

Iniziai a pensare a un libro sui serial killer su suggerimento di Alessio Valsecchi, webmaster de Latelanera.com, e con Stefano Valbonesi (l’altro autore del saggio) decidemmo subito che il libro doveva essere "diverso": di testi sull'argomento omicidio seriale ce n'erano già tanti, sarebbe stato presuntuoso pensare di avere qualcosa di nuovo da dire a riguardo. Ci rendemmo però conto che certe tipologie venivano quasi sempre relegate a un capitolo in tutti i libri e quindi quasi mai approfondite in modo esaustivo. Tra queste, le coppie di serial killer.

Qual è la coppia più “gialla”?

Probabilmente quella formata da Henry Lee Lucas e Ottis Toole, due individui per certi versi molto simili e per altri totalmente diversi. Un binomio formato da uno psicopatico necrofilo e uno schizofrenico cannibale, entrambi totalmente privi di qualunque valore morale e autori, sembra, di almeno un centinaio di delitti (benché molti di questi siano poco chiari, visto che Lucas era anche un bugiardo compulsivo).

Ci saluti con una citazione da “In due si uccide meglio”?

“Uccidere qualcuno è come fare una passeggiata: se volevo una vittima non dovevo far altro che procurarmela” (Henry Lee Lucas).