Si chiude un ciclo, si chiude un cerchio, e fa male... fa davvero male.

Chi segue l’opera di Garth Ennis è abituato alla sua sistematica distruzione (se non, in casi estremi, vero e proprio dileggio) del mondo dei supereroi americani, uno stile a volte divertito a volte tagliente. Da anni Ennis sta plasmando due eroi fortemente noir come Nick Fury e Frank Castle (facendoli incontrare con deliziosi camei l’uno nelle storie dell’altro) per farne versioni profondamente diverse da quelle dell’universo Marvel mainstream. Per cui chi ha negli occhi le imprese filmiche di Nick Fury o le sue tutine indossate su un’astronave volante si prepari: non c’è nulla di tutto questo nella saga Fury Max, che giunge a conclusione con questo secondo numero.

Il Nick che troviamo in questi 13 numeri - raccolti in due volumi dalla Panini Comics - è quello de L’uomo che amava la guerra (che in Italia inaugura proprio la collana 100% MAX): è un discorso che parte da lontano e segue la trasformazione del personaggio fino a questo passo tanto fondamentale quanto doloroso nella sua nuova vita ennisiana.

         

È noto che esattamente cinquant’anni fa Nick Fury nasceva come eroe pulp dei fumetti di guerra, un personaggio ruvido e a grana grossa che incarnava tutti gli stereotipi del militare tutto d’un pezzo. Poi però è esplosa la moda degli agenti segreti e Nick è diventato agente segreto; poi è esplosa la moda delle tutine e Nick ha indossato la tutina; poi i valori della cultura americana sono crollati e Nick e il suo mondo sono crollati. Oggi la critica più comune alla politica estera americana è di amare in fondo la guerra: e ci voleva Ennis per trovare il coraggio di dire le cose chiare e tonde. L’aveva già fatto con la saga del Punisher che ha chiuso il suo ciclo MAX, e lo fa ora con Nick Fury: forse “amore” è una parola grossa, ma di sicuro ci sono uomini che a forza di fare la guerra... diventano la guerra.

Guerriero freddo, questo secondo e conclusivo capitolo dà ad Ennis la possibilità di far soffrire il lettore con una storia di larghissimo respiro, che abbraccia tutte le guerre più sporche in cui l’America è andata ad infilarsi: in ognuna Fury ha agito nell’ombra, e in ognuna ha perso qualcosa. Qualcosa di personale, qualcosa che avrebbe potuto salvarlo.

Tutti i personaggi di questa saga sono assolutamente secondari, ma con pochi rapidi tratti Ennis ce li rende compagni di viaggio insostituibili: Nick è troppo vasto per lasciare spazio a comprimari, ma lo stesso alla fine si sente di aver letto una storia corale. Perché in guerra sono pochi che combattono, ma è tutta l’umanità a perdere qualcosa di sé.

           

Affiancato dal consueto bravissimo Goran Parlov, Ennis assesta un altro grande e doloroso colpo al cuore dei fan degli eroi oscuri, veramente oscuri: quelli cioè che - al contrario del Mefistofele di Goethe - eternamente compiono il male mentre eternamente predicano il bene. A volte però prendono coscienza dell’interezza della loro opera, e il peso li schiaccia.

Ennis ha schiacciato il Punisher con il peso di quarant’anni di guerra al crimine, ed ora schiaccia Nick Fury con cinquant’anni di guerra sporca. Le spalle di questi personaggi sono forti: lo saranno anche le nostre?

In conclusione, una storia meravigliosa da leggere fino a provare dolore. Perché, lo ripeto, fa male... fa davvero male.