MilanoNoir è un volume di parole, immagini e suoni. Una Milano notturna descritta da sette importanti scrittori, interpretata da suggestive fotografie in bianco e nero e da una canzone, “Nati a Milano”.

Le voci di sette scrittori e del fotografo ci raccontano la loro Milano.

Il progetto del volume è di Tecla Dozio, vera autorità nel campo del giallo e del noir, la prefazione è stata affidata a Carlo Oliva, uno dei più autorevoli studiosi della letteratura di genere. L’editore Todaro ha davvero proposto, con quest’opera, uno sguardo particolare su questa città così sfuggente e imprevedibile.

Milano Noir è raccontata da: Piero Colaprico, Raffaele Crovi, Giorgio Faletti, Barbara Garlaschelli, Andrea G. Pinketts, Bebo Storti, Nicoletta Vallorani.

Le fotografie sono di Gianluca Bucci.

Di notti in giro per la città ne ho fatte molte. C’era un periodo in cui cercavo di vedere almeno un’alba al mese, e non per divertimento, ma per lavoro: vale a dire bische, volanti, locali, strade "pericolose", e persone non sempre regolari. Per caso, qualche mese fa, mi trovavo - era molto tardi - davanti a un palazzo che è nel senso letterale un casino. Stavo insieme a due poliziotti delle Volanti, cercavano un pulmino di ladri ucraini, quando abbiamo visto che c’era qualcuno accucciato tra le auto. Guardava il palazzo.

Forse "lumava" tra i corpetti e le mini: un po’ di porno di strada gratis.

Comunque era lì. Le risposte che mi aveva dato allora non mi convinsero.

Le ho cambiate e ho pensato che questa vicenda dovesse essere un po’ simile alle foto di MilanoNoir, con le loro imprevedibili dissolvenze, a metà tra il romantico e l’arido, proprio come piace a me. (Piero Colaprico)

Il mio è un racconto sulla violenza. Il nero è il colore della violenza, del lutto, del delitto. Ma il mio racconto descrive un apprendistato di violenza legato a una diseducazione fascista. Il nero del mio racconto è anche quello della camicia nera e il razzismo del mio killer, che si impegna a fare fuori gli immigrati, è proprio di origine fascista. (Raffaele Crovi)

Milano: una città che senza esserci c'era, e quando si è accorta di esistere è svanita. (Giorgio Faletti)

Milano è una città difficile da amare, anche per chi come me ci è nata, vive, lavora e qui ha la rete dei suoi affetti. Milano è una città che ti sfianca, che sfida continuamente la tua resistenza e la tua tolleranza.

Questo racconto è stata l'occasione per farci pace, almeno per un momento.

E questo libro, con le sue foto malinconiche e struggenti, è come fosse il suo cantico. (Barbara Garlaschelli)

Ho cercato di raccontare la città che racconto in tutti i miei romanzi, attraverso un trucissimo episodio storico e una leggenda metropolitana.

Volevo raccontare una Milano magica, perché non è solo Torino a essere una città esoterica, ma anche Milano. Anzi, rispetto ad altre città, Milano ha un apparente pragmatismo che rende più evidente il contrasto tra la magia, che può diventare maleficio, e l'eredità di una "Milano da bere" che ci siamo ormai scolata tutti quanti. (Andrea G. Pinketts)

L'idea del racconto è nata pensando a Milano, città che sta accogliendo persone che vengono da tutto il mondo ma che i politici tentano di non far diventare una città multietnica.

Noi siamo andati nei loro Paesi e li abbiamo sfruttati per secoli sottraendogli oro, minerali e risorse di ogni genere. Oggi ci ricambiano la visita. E noi siamo di fronte a una scelta: possiamo accoglierli in modo civile o lasciare che Milano diventi, come ho paradossalmente descritto nel mio racconto, una città chiusa, abitata solo da ariani armati che si spareranno addosso l'un l'altro. (Bebo Storti)

È un'idea perfetta e misteriosa, quella di Todaro, come Milano di notte.

Doppia come la mia vita (e quella di tutti). Fatta di molti grigi, molte luci e molte ombre, come le cose che amiamo di più. Un progetto ambizioso: fare bella una metropoli che d'impatto non lo è, e farla bella in bianco e nero, e in parole e musica. Non potevo non raccogliere il guanto e non accettare la sfida. (Nicoletta Vallorani)

La Milano che ho cercato di raccontare con queste immagini è reale e al tempo stesso immaginaria. Reale in quanto i luoghi sono riconoscibili e collocabili nella città stessa, immaginaria perché gli stessi spazi di notte, nell'essenzialità del buio e della luce violenta dei lampioni, si trasformano in palcoscenici dell'immaginazione dove tutto può succedere. (Gianluca Bucci)