"...pensarci 14 volte prima di inviare a qualcuno un manoscritto e ricordarsi che, se viene dato un rifiuto, non è perché gli editori sono cattivi, ma probabilmente perché quello che è stato scritto non è bello. Ciò significa affrontare qualunque cosa con una prospettiva che ammetta il fallimento: è possibile scrivere e fallire"

Nella sua rubrica Shining la nostra inviata speciale Marilù Oliva ha intervistato lo scrittore Giulio Mozzi.

Nel libro “sono l’ultimo a scendere (e altre storie credibili)”, appena uscito per Mondadori, hai raccolto le storie scritte e pubblicate tra annunci, immagini, discussioni letterarie, prima in www.giuliomozzi.com (dove è tuttora raggiungibile) e poi in www.vibrissebollettino.net/giuliomozzi (che non è più raggiungibile). Che idea ti sei fatto, in generale, del rapporto web/scrittura?

Nessuna idea generale. Qualche idea particolare. Ad esempio, che il "diario in pubblico" è forse un genere letterario che prima del web non esisteva. Ci sono stati scrittori, anche grandissimi, che hanno scritti i loro diari in vista della pubblicazione; o addirittura pubblicandoli periodicamente in riviste: ma il diario in pubblico del web è davvero tutta un'altra cosa. Diversi i tempi di pubblicazione, diverse le frequenze, diversa la relazione con i lettori. E diversa la quantità: oggi il diario in pubblico è un fenomeno di massa.

I tuoi racconti sono resoconti reinventati a partire dalla realtà, una realtà che è quotidiano, come tu stesso hai spiegato in “Chi è lui?”.  All’interno del quotidiano si riscontra un’eccezionalità che rende insolita e movimentata la materia narrativa: Si può parlare di straniamento della comunicazione?

Ho presentato scambi comunicativi quotidiani con tipiche tecniche di straniamento, in maniera che si veda la quantità di violenza che scorre dentro i dialoghi. Ho cercato di rendermi sensibile ad alcune cose presenti o solo latenti nelle conversazioni quotidiane. Ad esempio l'equivoco, che si genera dalla mancata condivisione di un contesto (il contesto materialmente è lì: ma due persone possono percepirlo in modi assai diversi), o la violenza calma, non emotiva, che si esercita in tutte le conversazioni nelle quali è in gioco un po' di potere. Perché queste cose si vedessero, le ho "trattate" con qualche semplice strumento retorico(la ripetizione, l'accumulazione, la freddura, l'equivoco deliberato, la letteralità eccetera).

L'intervista integrale in rubriche/9026