Per chi non lo ricorda, la celeberrima trasmissione di Orson Welles sulla “guerra dei mondi”, quella che provocò la più imponente isteria di massa della storia contemporanea, andò in onda il 30 ottobre 1938, ossia in “zona Halloween”. Puntualizzare la coincidenza è sicuramente importante se uno come Stephen King si sente in dovere di ricordare in Danse Macabre che, proprio perché giocata all’antivigilia di Ognissanti, “quella data non sarebbe stata mai più dimenticata da milioni di americani”.

Altro dato singolare è che il re dell’horror, in un capitolo del libro intitolato “La radio e la visualità del reale”, esprime posizioni sorprendentemente simili a quelle del filosofo francese Jean Baudrillard, opinioni che sono un po’ il sale ed il pepe sull’invadenza mediatica di cui da anni di discute: la realtà dis-percepita, il reale che scompare, il trionfo dell’illusione, e via dicendo. Solo che King si riferisce alla radio, mentre l’oggetto della riflessioni di Baudrillard è principalmente la televisione. Per il francese, riassumendola più che schematicamente, l’allucinazione catodica manipola e trasforma la realtà, sostituendo al criterio di verità quello più facile di “credibilità”, mentre la radio per King ha il potere di rendere tutto reale. Un paradossale processo alla rovescia, messo in atto da due medium che sono antitetici (l’uno suggerisce, l’altro “ostenta”) che porta a risultati analoghi: si crede a ciò che si vede e a ciò che s’illude di vedere. E la radio, nel caso de La guerra dei mondi di Orson Welles, fece “vedere” le astronavi aliene a molti americani. Ivi compresa una zia di King:

“Una volta mia madre mi raccontò che una delle sue sorelle si era tagliata le vene nella vasca da bagno durante la trasmissione de La guerra dei mondi di Welles. Non era stata una decisione presa in tutta fretta; stava guardando fuori dalla finestra del bagno e, disse più tardi, non aveva pensato di tagliarsi le vene fino a che non avesse visto le macchine di morte dei marziani affacciarsi all’orizzonte. Si potrebbe dire che mia zia aveva trovato troppo sconvolgente la trasmissione di Welles” (Stephen King, Danse Macabre, Theoria, Roma 1982).

 

Halloween, dicevamo. Una festa che forse da sempre risiede “dentro” a milioni di persone. Nata dalla connessione tra l’Ognissanti cristiano e la festa dei morti degli antichi Druidi, la ricorrenza viene celebrata nell’America di oggi con uno straordinario “Dark Carnival” che “va in onda” la notte del 31 ottobre e la cui etimologia va da All Hallow Even (sera di tutti i santi, secondo la versione ufficiale) ad Harilothing, antico termine anglosassone che allude a una clandestina adunata di demoni assassini.

Come ricorda Erica Jong (Streghe, Rizzoli, Milano 1983), la festa di Halloween è universalmente simboleggiata da streghe, morti viventi, miele, frutta secca e zucche (soprattutto…), ed è una data che celebra la scomparsa del sole, tentando in qualche modo di porvi rimedio. Nell’epoca precristiana vigeva l’uso di produrre dei giganteschi falò per invitare il sole a rimanere ben presente. Gli anglosassoni li chiamavano “fuochi del bisogno”, esempio lampante di magia imitativa. Quando i cristiani trasformarono la ricorrenza autunnale nella festa di Ognissanti, il simbolismo pagano non scomparve. Così il 31 ottobre è stato di volta in volta ribattezzato Notte di Novembre, Samhain (dal nome del dio dei morti druidico), All Hallow Even, e quindi Halloween. E’ la festa del falò e del raccolto, riunione sia dei frutti della terra che dello spirito vagante dei defunti. Ed è anche la notte del cosiddetto “Capodanno esoterico”, in cui magicamente o “satanicamente”, avviene la fuoriuscita, attraverso porte di ulltraterrene dimensioni, di forze del male, libere di vagare nel nostro mondo, allorquando demoni, folletti e spiriti maligni vanno in cerca di preda “da questa parte, e presunte energie cosmiche debbono essere “catalizzate” mediante appositi rituali. 

Secondo Isaac Asimov (Le forze del male, introduzione a La notte di Halloween, Editori Riuniti, Roma 1983), l’interpretazione negativa della ricorrenza di Halloween nasce dal ben noto processo di sostituzione operato dal cristianesimo. Nell’Europa celtica, in particolare nelle isole britanniche, l’anno cominciava il 1° di novembre, in perfetta concomitanza con il calendario esoterico. Con il raccolto al sicuro e il cibo per l’inverno assicurato, gli uomini potevano rilassarsi e divertirsi, per cui ringraziavano i loro dei che in quel giorno sciamavano sulla terra.  Secondo i cristiani, i celti evocavano in quel modo gli spiriti malvagi, ma risultò impossibile scalzare una festività tanto gioiosa. La Chiesa allora se ne impadronì e la chiamò Ognissanti, il giorno di tutte le anime sante. invece che di tutti gli spiriti perversi. Ma una parte cospicua della popolazione non ha dimenticato gli allegri riti celtici che sopravvivono, dopo quindici secoli, nella tradizione infantile del “regalo o dispetto” e nella questua di dolcetti a “testa di morto” e zucchero filato.

Ad Halloween, comunque, la maggior preoccupazione è di festeggiare degnamente i morti per impedire loro di tornare. La distribuzione dei dolciumi ai bambini che, nascosti sotto le maschere della tradizione horror, vanno a reclamarli con filastrocche più o meno accattivanti (Trick or Treat? è solo la più famosa) ne illustra ampiamente il significato.  Ancora più evidente in questa direzione è la diffusione, sempre più inarrestabile a ogni ricorrenza, delle leggende metropolitane sui “sadici di Halloween” che ben esprimono l’aggressione del mondo adulto nei confronti dell’infanzia e che, come vedremo più in là, in qualche caso proprio leggende non sono. E gli antropologi si affannano a spiegare che si tratta sempre degli infernali revenant che vengono “attaccati” attraverso i loro rappresentanti infantili.

L’infatuazione planetaria per Halloween ha sempre come sfondo la confluenza di tradizioni nordiche e celtiche. Ma va pure ricordato che la rinascita della vita veniva attesa e propiziata con sacrifici animali, ma probabilmente anche umani nella loro fase arcaica. La variante druidica si chiamava Oidche Shamna, la veglia di Samhain, “il Signore della Morte”, di cui esisteva pure una sanguinosa versione germanica detta Alfablot, in cui s’immolavano giovani ragazze agli Elfi. Ricacciate fuori dal passaggio al cristianesimo, le usanze di Halloween hanno resuscitato, a livelli simbolici profondi, i fantasmi delle vittime sacrificate, spettri che tornano in questa notte avidi di vendetta. E le stesse usanze hanno consolidato la fascinazione (e il terrore) di un cruento paganesimo identificato, negli Stati Uniti in particolare, con il satanismo.

Per esempio, un’inchiesta giornalistica sul serial killer denominato Zodiac, condotta da Robert Graysmith nel 1986, si sforza di dimostrare che il misterioso assassino astrologico ha concentrato la maggior parte dei suoi misfatti in “zona Halloween” e che i suoi messaggi si sono rivelati infarciti di riferimento mistico-satanici alla suddetta festa. Una rivista americana che si occupa di ritualismi atipici nota che numerosi crimini di “vendicatori” (gli sciroccati che in America, complice soprattutto la facilità di circolazione delle armi, compiono di tanto in tanto stragi di massa in luoghi pubblici) hanno luogo durante le giornate limitrofe al 31 ottobre. A Killeen, in Texas, nel 1991, George Hennard a poche da ore da Ognissanti piomba con la sua camionetta nella vetrina del Caffè Luby e comincia a sparare all’impazzata sui clienti, uccidendo ventitré persone. Nell’identico giorno del 1986, un postino del New Jersey ne aveva uccise quattordici. Nello stesso stato, cinque anni più tardi (ancora il ’91), l’impiegato Joseph M. Harris massacra la famiglia del suo datore di lavoro, minacciando poi la folla con armi e granate. Pochi giorni dopo, il 14 novembre, un altro postino, Thomas McIlvane, entra in un ufficio di Royal Ark, Michigan, e spara sui colleghi, ammazzandone quattro. Qualche anno dopo, a New York, Linda Estrada, mentre sta vedendo alla TV il film I dieci comandamenti, uccide la sua bambina di sette anni perché, a suo dire, qualcosa è uscito dallo schermo televisivo e l’ha posseduta, ordinandole il sacrificio della figlia. E’ la notte di Halloween. 

Del fascino magico della ricorrenza di Ognissanti i media si sono da tempo impadroniti. Trascurando qui i vari comic (da una celeberrima storia di Paperino, disegnata da Carl Banks nel ’52, a Linus in perenne attesa del Grande Cocomero) e il cinema è indubbio che negli ultimi trent'anni Halloween è da un lato divenuto una sorta di spot mediatico nonché collettivo pretesto per una rappresentazione globale delle “forme” dell’orrore. Una messinscena che si amplia al punto da confondere vieppiù la realtà e il mondo dell’immaginario. Nello scenario di certe grandi città americane, dove risultano assai marcate le tensioni sociali e razziali, la notte delle streghe diviene lo scenario per azioni di vera e propria guerriglia urbana da parte di bande di teppisti; numerose sette, sataniche e non, compiono i loro riti per entrare in diretto contatto con le loro divinità; per giungere infine a quell’interessante fusione, avvenuta anche in Italia alla fine degli anni Settanta, di due mondi estetici (la discoteca e la paura dell’immaginario popolare), tra loro naturalmente collegati da quel luogo temporale che è la notte con tutte le sue diverse forme di trasgressione, e che vede ormai nella “Festa di Halloween” un appuntamento obbligato. 

Insomma, negli ultimi tempi la ricorrenza è così mediaticamente cresciuta al punto da divenire una sorta di arcaica e recondita data cui attribuire valori e significati oltre ogni argomentazione razionale. Una convinzione che, grazie al potere invasivo dei media, si radica sempre più “nel prodondo” della collettività. Persino una metastasi mediatica, quale può essere una certa tipologia di leggenda metropolitana, può assurgere al rango di “spirito di Halloween” e penetrare nelle cellule dell’individuo e spingerlo, come un antico demone, ad azioni criminali e devianti.

Come ricorda il più celebre studioso di urban legend, Ian Harold Brunvand, in Nuove leggende metropolitane (Costa & Nolan, Genova 1986), i racconti sui “sadici di Halloween”, nati negli anni Quaranta e basati su persone intenzionate a uccidere i bambini mascherati con il dono di caramelle avvelenate, dovrebbero essere considerati il frutto di un’isteria di massa amplificata dai media e dal cinema horror. Ma, più spesso di quanto si pensi e molto sorprendentemente, i media stessi sono in grado di forgiare quell’invisibile “spirito di Halloween” in grado di far precipitare personalità prive di anticorpi nell’oscurità primordiale di quelle originali feste celtiche di cui si diceva all’inizio.

Lo stesso Brunvand riporta un famoso caso del ’74 in cui un bambino è stato veramente avvelenato da un dolce di Halloween manipolato – Timothy O’Brian, otto anni, di Houston, morto per aver mangiato un pacchetto di dolciumi Pixie Stix, inzuppato di cianuro dal padre – ma non c’è dubbio che il più famoso esempio di commistione tra reale e leggendario sia quello del ’91.  Sin dai primi di ottobre di quell’anno prendono a diffondersi, per merito di televisioni e giornali, le voci più tipiche del periodo “halloweeniano (avvelenatori nei supermercati, bambini che andranno a morire), accanto ad una poco tradizionale predizione, attribuita addirittura a Nostradamus, inerente un massacro di ragazzi in un campus universitario. Inutile cercare in questi casi la “fonte”, ma è curioso come nell’ambiente giovanile si dia credito alla diceria che a predire il massacro sia stato un veggente ospite del talk show di Oprah Winfrey, trasmissione televisiva quanto mai popolare. Non è per nulla vero, ma a nulla servono le smentite dell’emittente ABC. Invece, man mano ci si avvicina alla data fatidica, il passaparola diffonde la bufala su vasta scala e il coro dei media, supportato da una quartina di Nostradamus, ne amplifica la portata “terroristica”.

In numerose istituzioni universitarie il “panico mediatico” provoca effetti disastrosi. Al Salve Regina di Newport le studentesse disertano i dormitori e si trasferiscono in massa in albergo. Al Siena College di Loudonville gruppi di ragazzi montano guardie speciali fino all’alba, sprangando porte e finestre. All’università di Syracuse, nello stato di New York, si è sicuri, dopo aver letto la quartina del profeta, che la strage avverrà in un edificio a forma di “L”, costruito nelle vicinanze di un laghetto, caratteristiche sputate del locale dormitorio femminile.  All’università di Worchester, nel Massachussetts, quella che dovrà avvenire è una strage da tempo prevista il 31 ottobre di un anno con il numero “rovesciabile” (il 1991). In un altro istituto nella stessa regione, quello di Amherst, si dice che a morire saranno undici ragazze, anch’esse ospitate in un edificio a forma di “L”. Insomma, il panico e la paranoia dilagano senza freni.

La notte di Halloween passa comunque senza danni, se si eccettua la morte di Ariel Katz, sette anni, che durante la questua di dolci tra il vicinato a Santa Monica, si sente male dopo aver mangiato un pasticcino e muore quasi subito. Le autorità fanno testare i dolci e l’autopsia stabilirà che Ariel, sofferente per un congenito difetto cardiaco, è morta per infarto.  Alle prime ore dell’alba sembrerebbe che la profezia non si sia realizzata. Ma in tarda mattinata Gang Lu, studente di fisica all’Università dello Iowa, si reca a una sessione di facoltà alla Van Hallen Hall. Una volta nell’aula, all’apparenza sconvolto per non aver ricevuto un riconoscimento accademico da tempo atteso, estrae una pistola e spara, colpendo a morte due membri del consiglio di facoltà e una studentessa. Consumata la strage, Gang Lu esce dall’aula e si suicida.  I commenti giornalistici sulla sparatoria, tanto in America che nel resto del mondo, sottintendono una relazione più che concreta tra le voci dilagate nei campus e il fatto di sangue. Una rubrica televisiva americana, A Current Affair, presenta un’inchiesta sul “massacro di Halloween” che si conclude con la stupefacente attestazione dell’assoluta autenticità della profezia di Nostradamus. Il video mostra ripetutamente il volto dell’astrologo, mentre un gran numero di studenti concorda sulla frase: “Anche questa volta Nostradamus non ha sbagliato”.

Barry Stark, editorialista del Dayly Orange di Syracuse, commenta in diretta: “Quando hanno iniziato a circolare le dicerie sul massacro di Halloween, la cosa più lontana dalla mia mente era che potessero trasformarsi in realtà. Poi l’America si è lasciata Halloween alle spalle e l’università dello Iowa ha vissuto una tragedia che ha superato le profezie più funeste”. E, come sappiampo, la “zona Halloween” del ’91 ha visto altri due massacri, quelli di George Hennard e Thomas McIlvane.

In questo modo, tra il tam tam dei media e la diffusione delle voci, Halloween sembra essersi trasformato da un lato in un “contenuto” buono per occupare zone vuote delle personalità “a fenditura mediatica”, e dall’altro in un “contenitore” di eventi criminosi, il cui significato ultimo sarebbe proprio legato alla recondita magia della ricorrenza. Una delle conferme più recenti proviene dall’Italia del nord e risale alla notte del 31 ottobre 1997.

Siamo in terra di Novara, e precisamente nel cimitero di San Marcello, piccola frazione di un altrettanto piccolo comune che chiamasi Paruzzaro, tra Borgomanero e Arona. In questo scenario, intorno alle due di notte, i militari dell’Arma sorprendono tre giovani che si stanno accanendo con un martello su una lapide. Immediatamente fermati e identificati, i tre dichiarano che la creatura sepolta in quella tomba, oggetto di tanto interesse, è un loro amico morto in un incidente automobilistico sei mesi prima e che scopo della tentata profanazione è semplicemente quello di soddisfare una precisa richiesta del defunto. “Va cremato, è stato lui a chiedercelo dall’aldilà”.

Episodi sporadici a parte, è fuor di dubbio che Halloween sia diventata in tutto il mondo una data “magica” sempre più “invasiva”, tanto in Italia quanto nel resto del mondo. E anche quest'anno non mancheranno le feste, i dolci, le follie notturne e persino il ritorno dell'assassino cinematografico di Halloween per eccellenza, il sempiterno Michael Myers, in Halloween 2 di Rob Zombie. Per qualcuno si tratta di un eccesso di “americanizzazione”, per altri di insano ateismo. Per i più solo una festa in un mondo sempre più triste.