Prosegue la retrospettiva Lo sguardo dei maestri oraganizzata da Cinemazero, Cec di Udine e Cineteca del Friuli dedicata a Orson Welles. Il prossimo appuntamento è per giovedì 12 gennaio, presso l’ Aula Magna Centro Studi-Pordenone con la proiezioni de L’infernale Quinlan, Storia Immortale entrambi per la regia di Welles e La Ricotta di Pier Paolo Pasolini.

L’infernale Quilan è la storia di un poliziotto di origine messicano, Mike Vargas, e di sua moglie Susan, che arrivano in viaggio di nozze in una cittadina di frontiera e si trovano coinvolti in una sporca storia di omicidi dietro la quale trama Hank Quinlan (Welles), corrotto capo della polizia locale.

Un thriller dove la politica sporca si impasta con le perversioni personali e collettive, dove l'eroe è un poliziotto obeso e bacato, che però conserva una sua grandezza rispetto al piccolo taccheggio del sottobosco che lo circonda. Un film oppresso da soffitti e pareti, da un cielo messicano che pesa tragicamente, dal taglio sghembo delle inquadrature, dalle deformazioni della macchina da presa. Quinlan è il male nel suo patetico disorientamento; Vargas (Charlton Heston), per quanto faccia, è troppo sano per strappargli il suo scettro d'ombra. Un film segnato dall'ambiguità, come i capolavori moderni.

Fu la regia di Welles (assieme alla fantastica fotografia in bianco e nero di Russell Metty) a trasformare un “noir” classico in un'opera monumentale e ricca di fascino nonostante le manomissioni finali apportate dalla Universal.

Ancora una volta Welles rielabora velocemente la sceneggiatura, mette a punto un conflitto drammaturgico ambiguo e geniale, e si cuce su misura un personaggio titanico, malato di assolutismo, riprovevole eppure dotato di un fiuto infallibile.

A Welles interessa "non tanto la grandezza del male, quanto l'innocenza nel peccato" e cosi all'ambiguità morale fa riscontro un'analoga ambiguità estetica, giocata su una violenta deformazione dello spazio (grandangolo con lente a focale corta, profondità di campo esasperata) e su una velocità "doppia" (del montaggio, con vorticosi piani sequenza - tra cui il più celebre è quello che apre il film - e dei personaggi all'interno delle singole inquadrature). Noir sadico, dalle ascendenze kafkiane, capolavoro del cinema wellesiano.

Storia immortale è l'ultimo film di Welles. Tratta da una novella di Isak Dinesen (pseudonimo di Karen Blixen), è la storia di un vecchio miliardario di Macao che paga un marinaio e una prostituta perché gli generino un erede. La prostituta si rivela la figlia dell'ex socio del miliardario. Nessun erede nascerà. Il marinaio parte. Il vecchio si suicida.

Un film breve –meno di un’ora- e bizzarro, pieno di ellissi, realizzato con molta delicatezza, senza i virtuosismi di Quarto Potere ma con una saggezza forse più profonda.

Realizzato per la televisione francese ORTF, con l’idea di trasmetterlo alla tv francese e successivamente distribuirlo nelle sale, realizzandone anche una versione in inglese per le sale inglesi e americane, la pellicola affronta la tematica della ricchezza, l’amarezza che nasce da una vita senza amore, la frustrazione che, in ultima analisi, crea il potere, ma che qui è trattata con una specie di tranquilla ironia filosofica.

A chiudere la serata il breve film di Pier Paolo Pasolini La ricotta, episodio del film collettivo Ro.Go.Pa.G. (Rossellini, Godard, Pasolini, Gregoretti), a cui proprio in questi giorni Cinemazero sta altresì dedicando una mostra aperta fino al 6 febbraio 2006.

Un’ occasione per gustarsi questo incontro/scontro tra due dei mostri sacri del cinema di tutti i tempi. Infatti, in un singolarissimo gioco di film nel film, di scambi di ruolo, Pasolini è regista reale del film, mentre Welles incarna il regista pretenzioso e glaciale della finzione.

Il divo statunitense, quando gli venne proposta la parte, ammise di ignorare chi fosse Pasolini e venne convinto solamente dal cachè vertiginoso previsto.

Il film subì anche un processo per vilipendio alla religione nonostante Pasolini avesse fatto precedere il film da un cartello con scritto: “Non è difficile predire a questo mio racconto una critica dettata dalla pura malafede. Coloro che si sentiranno colpiti infatti cercheranno di far credere che l’oggetto della mia polemica sono la storia e quei testi di cui essi ipocritamente si ritengono difensori. Niente affatto: a scanso di equivoci di ogni genere, voglio dichiarare che la storia della Passione è la più grande che io conosca, e che i testi che la raccontano sono i più sublimi che siano mai stati scritti”.

I film sono proposti in versione originale con sottotitoli in italiano. Il biglietto d’ingresso è unico per l’intera serata.