Tutto avvenne di notte. Una notte qualunque. Era estate ed avevamo cenato abbastanza presto, tutti e tre insieme, come del resto facevamo sempre. Mio zio era triste, da almeno un paio di giorni non sorrideva e parlava pochissimo a causa di una delusione amorosa. Terminato il pasto Sara salì in camera sua, io uscii in giardino, mentre mio zio rimase seduto continuando a sorseggiare del vino rosso. C’era una luna magnifica che avvolgeva ogni cosa con la sua luce fredda e scintillante. Mi venne voglia di leggere, così decisi di fermarmi in biblioteca per scegliere un libro. Rientrai in casa e cominciai a salire le ripide scale, in un attimo fui dentro alla stanza ed accesi la luce. Fu allora che notai con sorpresa che una macchia d’umidità sul muro si era allargata a dismisura facendo sgretolare un ampio strato di intonaco proprio accanto alla teca dei coltelli. Mentre ispezionavo il danno mi accorsi che dietro alla teca penzolava un foglio ingiallito dal tempo. Lo presi. Ah non l’avessi mai fatto! Che piega diversa avrebbero preso gli eventi se non mi fosse mai capitato fra le mani… Troppo tardi. Mi portai al centro della stanza, proprio sotto al grande lampadario. Era una lettera di mia madre. Alcune frasi erano illeggibili, ma ciò che riuscii a leggere mi bastò. Guardai la data. Un anno esatto prima della sua morte.

Implorava mio zio di darle notizie di sua figlia.

Come aveva potuto nascondermi quella lettera? Con quale diritto aveva deciso della mia vita e forse anche di quella di mia madre?

Probabilmente avrei potuto prendere in considerazione il fatto che lo zio aveva conservato quella lettera e che forse era stato combattuto sull’eventualità di mostrarmela o meno. Ma non lo feci, ignorando volutamente ogni attenuante.

Corsi fuori nel giardino inondato dai raggi lunari. E lì piansi a lungo. Piansi come non avevo mai pianto prima. Poi tornai in biblioteca, mi sedetti alla vecchia scrivania intarsiata e fissai a lungo la teca. Scelsi il mio coltello preferito. Ma non per gioco, come facevo da bambina. La lama era lucida ed affilata, il manico splendidamente decorato. Impugnarlo mi diede improvvisamente un senso di onnipotenza. La casa era avvolta dal silenzio. Dormivano entrambi…Sara nel suo letto, lo zio invece era accovacciato sul piccolo divano del salotto. Buio. Solo la luce della luna che filtrava dalla finestra socchiusa. Gli posai la lettera sul petto, poi lo guardai per alcuni interminabili attimi prima di conficcargli il coltello nel cuore.

Scappai fuori dalla stanza e, singhiozzando, corsi a svegliare Sara.