Quali sono i ferri del mestiere per un giallista?

Be’, innanzitutto io non mi considero un giallista ma un “thrillerista”; nel senso che non so se rispetto tutti i canoni del giallo, ma so come tenere il lettore sempre in allerta. I miei ferri del mestiere sono, principalmente, le opere altrui: quando leggo un romanzo ne analizzo lo stile, assorbendo, in alcuni casi, le particolarità; mentre quando vedo certe scene di film cerco di immaginarmele riprodotte con la parola scritta, ritmi musicali compresi. Anche quando devo documentarmi su un determinato argomento prediligo, se possibile, le opere “narrative”, perché offrono un approccio più immediato con la Storia, e leggo tanto, in modo da impadronirmi di termini specifici. E poi c’è un altro “strumento” molto importante, anche se non è molto carino definirlo così: gli Amici, che interrogo su argomenti di cui sono esperti. Infine c’è la realtà, che offre sempre un completo double face: se una persona riesce a vederne anche l’aspetto meno appariscente, quello che di solito rimane nascosto, è sulla buona strada per poter scrivere delle storie paradossali come le mie... e rischia pure di divertirsi!

Tu hai inventato il primo eroe disabile seriale della letteratura italiana. Secondo te perché Mister Noir piace ai lettori?

Mister Noir è affetto da tetraparesi spastica, quindi non può camminare da solo e fatica a muoversi e parlare, ma è consapevole delle proprie capacità, sia fisiche che mentali. Questo lo rende talmente sicuro di sé da farlo sentire superiore a tutti, e riesce a vedere sempre tutto con sguardo ironico, spiazzando chiunque con le sue repentine battute umoristiche. Di solito le persone non dicono proprio tutto quello pensano, ma lui sì; i personaggi che lo incontrano non lo sopportano, ma ai lettori è simpatico. Oltretutto, non avendo alcun arto paralizzato, si ritrova spesso protagonista di scene d’azione, dimostrando di essere una versione “diversamente abile” di James Bond. Insomma Mister Noir mostra come ogni persona può vivere, in modo soddisfacente, sfruttando al meglio le proprie capacità. Le avventure di Mister Noir, anche se ambientate in luoghi veri e magari basate su fatti storici o personali concreti, non sono mai molto realistiche, ma le sue attitudini e la sua personalità sì, lo sono.

 

I tuoi racconti sono resi molto frizzanti da un’azione spesso a catena. Come procedi nella costruzione?

Io concepisco il racconto come un film, e cerco di realizzarlo al meglio. Suddivido ogni racconto in sequenze (o capitoli), e ogni sequenza in più scene (o paragrafi); le scene si susseguono a seconda degli argomenti o dei personaggi, intersecandosi tra loro in modo da rispettare tempi “verosimili” e riducendo, quindi, il più possibile frasi tipo “Mezz’ora dopo...”. All’inizio mi premuro di catturare l’attenzione del lettore con un incipit che lo catapulti direttamente nella storia, mentre con le frasi finali di ogni paragrafo, e soprattutto di ciascun capitolo, cerco di generare un interrogativo, un’attesa. I titoli dei capitoli ed eventuali giochi di parole, poi, completano l’opera!

Elena Fox è la detective privata e assistente di Mister Noir: chi è la musa ispiratrice?

La mia musa principale è la mia amica Simona: l’ho conosciuta 21 anni fa ad una festa di quartiere, e si è presentata subito, ma proprio subito, facendomi i complimenti per un mio racconto; da allora lei, che è spigliata e attiva come Elena Fox, oltre a venire a trovarmi tutte le settimane mi è vicina in tutte le vicissitudini, è il mio principale sprone in tutto ciò che combino, e, all’occorrenza, è un’efficace “traduttrice simultanea”, riuscendo a riprodurre perfettamente anche le varie sfumature del mio tono. E poi c’è Cristina, un’altra mia carissima amica: spavalda, dotata di uno spirito avventuroso, è stata la mia assistente - dopo che Federica, la sorella di Simona, si è trasferita a Modena - nei contatti con Andrea G. Pinketts, aiutandomi ad entrare nel magico mondo del noir; ed è sempre stata lei che, quando ho avuto un paio di seri problemi con un gruppo di volontari di un’Associazione che frequento, si è prodigata come mediatrice, salvando, da sola, non solo i miei rapporti con quel gruppo, ma anche l’esistenza del Gruppo stesso. Simona e Cristina sono entrambe bellissime e vulcaniche, ed Elena Fox è un misto di loro due.

 

Come hai scelto i nomi dei protagonisti dei tuoi gialli?

Una volta, durante un incontro letterario, Andrea Carlo Cappi fece notare che tutti i più grandi detective - Nero Wolf, Hercule Poirot, Ellery Queen, Shrerlock Holmes - hanno nomi alquanto improbabili, e quindi decisi che anche il mio grande eroe seriale dovesse avere un nome bizzarro. Essendo un personaggio rigorosamente italiano, che vive e opera a Milano, optai subito per Mister Noir: un non-nome metà inglese metà francese, simpatico e orecchiabile. Per la sua assistente ho scelto un nome un po’ più probabile, Elena Fox, il cui cognome fa presumere un padre inglese e, soprattutto, richiama la sua furbizia da volpe. Per Consuelo Gomez, invece, è stato diverso: una volta stabilito, su consiglio di Simona, che la domestica dovesse essere filippina, sapendo che nelle Filippine esiste un consistente numero di meticci d’origine spagnola ho cercato un nome simpatico che potesse sembrare tale.

 

Se un giorno il tuo personaggio Mister Noir –e con lui l’intera squadra– venisse trasposto in film, che cast riterresti adatto?

Una cosa è certa: Elena Fox dovrebbe essere interpretata da Serena Bonanno, dato che l’ho creata pensando proprio a lei; mentre per Mister Noir vedrei bene Pierfrancesco Favino. Sono due attori di una versatilità sconcertante, e hanno vinto entrambi dei premi. Lui è già noto, per fortuna. Lei, se fosse a Hollywood, sarebbe già una star.

 

L’atto della scrittura è per te scindibile dal giallo. Infatti, in “Solo!”  –che pur sconfina nelle atmosfere noir col carico di angoscia che trasmette al lettore– hai riportato un evento cui sei stato direttamente protagonista.

Sì. A me piace scrivere di tutto, e con Solo! ho dato una concreta dimostrazione di cosa significhi essere diversamente abile.

Mr Noir
Mr Noir
Come scrittore mi piace divertire e svagare, come con l’action-horror Alchimia per una vendetta pubblicato su Urania, ma anche essere un “testimonial” della realtà. Ho scritto diversi racconti dove compaio in prima persona: storie autobiografiche - avventurose o di vita quotidiana - o inventate, dove sono protagonista o semplice comparsa, in cui parlo di me, della mia passione per la scrittura creativa, e dei miei rapporti con le persone; compresi quelli coi volontari, che spesso sono stati positivi; e un mio testo, pubblicato nel volume Disabilità e tempo libero, viene usato abitualmente nei corsi di formazione dei volontari. Poi ho scritto diversi racconti sulla guerra, una cover letteraria - ovvero una mia reinterpretazione personale - della canzone Imagine di John Lennon, come atto di speranza dopo l’attentato dell’11 Settembre; ho scritto un thriller, drammatico ma fortemente ironico, sulla questione delle cosiddette “banche armate”, e, per ThrillerMagazine, dei brevi racconti tragicomici contro la pena di morte, contro il tradizionale abbandono estivo dei cani, e contro la dabbenaggine di alcune feste “comandate” dal marketing (come quella di San Valentino); e prossimamente Il Giallo Mondadori Presenta pubblicherà il mio racconto Lampi Rosso Sangue, basato sui fatti del G8 di Genova. Insomma, il mio impegno come scrittore è quello di divertire e/o far riflettere, e, comunque, quello di appassionare sempre il lettore.

 

E’ chiaro e condivisibile il fatto che tu ci tenga molto a ritrovare i “due angeli custodi” che ti hanno aiutato al Parco di Monza. Ma se finalmente li incontrassi, cosa diresti loro?

Chiederei subito il loro numero di cellulare, dato che Solo! è nato proprio perché i miei due conoscenti che possedevano tale numero, e che me l’avevano pure promesso, non me l’hanno mai dato. Comunque, battute a parte, io so valutare abbastanza bene le persone, e la sensibilità con cui quei due ragazzi hanno voluto aiutarmi, senza invadere in alcun modo la mia privacy, mi ha fatto capire subito che erano persone speciali, e sono convinto che sarebbe nata una bella amicizia. Non credo che potrei pronunciare parole abbastanza adegeuate a ciò che hanno fatto, ma donerei a ciascuno una copia di M-Rivista del mistero “Lezioni di paura”, dov’è stato pubblicato per la prima volta questo mio racconto. In fondo Solo! è nato proprio per questo: per poterli ringraziare!... E sono sicuro che loro si commuoverebbero!

 

Qual è la grande differenza tra scrivere un brano autobiografico e non? Qual è il grande sforzo che deve fare lo scrittore cimentandovisi?

Quando si scrive un racconto autobiografico si deve avere il coraggio di essere onesti: quando ho deciso di scrivere Solo! in soggettiva, mettendo tutto quello che avevo pensato in quell’ora e mezza da incubo, ero un po’ preoccupato perché non sapevo come avrebbe reagito il pubblico e, perdipiù, rischiavo di compromettere la mia immagine burlona e bonaria con cui sono conosciuto; ma, per onestà, non ho omesso nulla, e il pubblico mi ha premiato: non solo mi ha ritenuto un tipo “in gamba” (che, per un “carrozzinato”, è davvero un super-complimento!), ma, con mia grande sorpresa, sono risultato pure simpatico!... In Solo! la parte più impegnativa è stata quella dedicata ai due ragazzi, perché ci tenevo far trasparire le loro belle anime; così come in Come in famiglia, contenuto nell’antologia Crimini di regime, dove ho raccontato la storia vera di altre belle persone, durante la Seconda Guerra Mondiale; mentre nel western Duello fatale, pubblicato su M-Rivista del mistero “Nero West”, narro una storia inventata ma basata su fatti realmente accaduti durante la Guerra di Secessione, mostrando come il Bene e il Male possono cambiare aspetto a seconda del punto di vista che si adotta. Lo stesso tema dell’handicap lo tratto in modi differenti: con Mister Noir lo affronto in modo prettamente ironico, con Solo! l’ho affrontato in maniera iper-realistica, mentre con Il cappello del prete, che ho scritto come omaggio al genere “hard boiled” per l’antologia Borsalino – Un diavolo per cappello, l’ho trattato in modo fantastico, trasformando il tradizionale cappello del detective privato nell’emblema della disabilità. E se avessi dei contatti col cabaret, scriverei pure dei monologhi umoristici al riguardo: le idee, certo, non mi mancano!... Ognuno deve sfruttare al meglio le proprie capacità, e io, grazie a Dio, ho quella di saper scrivere.

 

Bibliografia:

Serie “Le avventure di Mister Noir”:

La vendetta dell’uomo che non era mai nato (M-Rivista del mistero, 2004)

Caccia alla cacciatrice (M-Rivista del mistero, 2005)

Mister Noir: Inseguimento a ruota (Informahandicap, 2006)

Mors ridens (M-Rivista del mistero, 2007)

L’allucinante caso del delitto indotto (inedito)

Altri racconti:

Rapina a doppio taglio (M-Rivista del mistero, 2006)

Solo! (M-Rivista del mistero, 2006)

Il cappello del prete (contenuto nell’antologia “Borsalino – Un diavolo per cappello”, Robin Edizioni, 2007)

Regalo di San Valentino (ThrillerMagazine, 2008)

Duello fatale (M-Rivista del mistero, 2008)

Lui pensava (ThrillerMagazine, 2008)

Attenti ai cani (ThrillerMagazine, 2008)

Alchimia per una vendetta (Urania, 2008)

Come in famiglia (contenuto nell’antologia “Crimini di regime” – Editrice Laurum, 2008)

Lampi Rosso Sangue (inedito, di prossima pubblicazione su “Il Giallo Mondadori Presenta”)