Ecco un flm che con un po’ più di coraggio non avrebbe sfigurato accanto a Gomorra e Il Divo. Trattasi di Galantuomini (senza articolo davanti) di Edoardo Winspeare, un melodramma con intorno un noir (o se si preferisce un gangster-movie), capace di gettare uno sguardo su un mondo criminale che il cinema non ha bazzicato sino ad ora molto, quello della criminalità pugliese che prende il nome di Sacra Corona Unita. I due generi procedono per un po’ appaiati, con continui rimandi dall’uno all’altro, con l’amore impossibile tra Ignazio/Fabrizio Gifuni, magistrato di ritorno in quel di Lecce e Lucia/Donatella Finocchiaro assurta nel frattempo a ruolo di reggente di una cosca, con in più la descrizione “quasi” naturalistica del clan visto dall’interno. Alla fine però il film decide di sterzare decisamente verso il mélo appiattendosi così un poco e perdendo quel coraggio che prima non gli era mancato.

Donatella Finocchiaro, Marco Aurelio d’Argento come migliore interprete femminile alla III edizione del Festival Internazione del Film di Roma, sembra venire da un altro pianeta: candore, ferocia, bramosia, sgomento, non c’è nulla che sfugga a quel laboratorio di emozioni che deve essere stata la sua anima…

Da vedere, uno dei pochi da vedere…