Da una storia vera…

“E’ una notte d’estate del 1860. In un’elegante casa in stile georgiano che si erge isolata a Road, nel Witshire, un bambino di tre anni viene prelevato con delicatezza dal suo lettino. I genitori dormono nella stanza accanto. I fratelli e la servitù al piano di sopra. La bambinaia nella stessa camera del piccolo con la sorellina. Il cane abbaia, tutti continuano a dormire. La mattina dopo il bambino viene trovato morto in giardino, soffocato, le labbra viola, lo sguardo sereno, la gola orrendamente lacerata e pietosamente avvolto in una coperta. Appare subito evidente che l’omicidio non può essersi consumato che fra le mura domestiche”.

Questo caso vero costituisce la trama per una ricostruzione storica complessa e intrigante di Omicidio a Road Hill House di Kate Summerscale, Einaudi 2008.

Il caso è troppo difficile, la famiglia su cui si appuntano le indagini troppo potente. Per la prima volta viene chiamato da fuori, cioè da Londra, un investigatore che fa parte di una squadra speciale costituitasi da poco a Scotland Yard: l’ispettore Jonathan Whicher, quarantacinque anni, un uomo tarchiato dall’aria “pensosa e riservata” con i segni del vaiolo sul volto come ci fa sapere il noto scrittore Charles Dickens che seguì tutti i momenti del processo. Wicher, che sarà l’ispiratore del sergente Cuff di Wilkie Collins, si mette al lavoro setacciando tutta la casa da cima a fondo e tutta la storia della famiglia Kent nei risvolti psicologici più intimi e nascosti. Tutti gli indizi lo conducono a sospettare di Constance, la figlia di primo letto del padre Samuel in contrasto con la tesi della polizia e in genere dell’opinione pubblica che vedevano proprio quest’ultimo coinvolto nel delitto insieme alla bambinaia-amante. Constance viene prosciolta dall’accusa, si getta discredito sull’investigatore che, però, avrà in seguito la sua brava rivincita…

Questo episodio coinvolse tutta quanta la società inglese del tempo, la polizia, i giornali, l’opinione pubblica, i letterati che sfruttarono il caso nei loro libri e ci fu perfino uno che si auto accusò del delitto.

Un libro denso, compatto, un vero e proprio saggio sull’età vittoriana, una ricostruzione dettagliata e minuziosa (a volte anche troppo) del sistema poliziesco, della vita familiare e sociale di quel periodo confortato da ben ventitre pagine di note relative a documenti di ogni genere, cartine e fotografie dell’epoca.

Stile asciutto, concreto, tutto teso a fornire dati e notizie di prima mano. Sembra di essere lì a rivivere questa triste storia.