Sono trascorsi quasi trent’anni da quando il titolo del fortunato film di Margarethe Von Trotta è passato per antonomasia a definire un’epoca tra le più travagliate e laceranti della nostra storia recente.

I cosiddetti “anni di piombo” racchiudono gli anni Settanta, all’indomani del fenomeno del ’68 e della strage di piazza Fontana, e giungono a gettare le loro ombre inquietanti fino agli anni Ottanta e anche oltre, ancora più vicino a noi, a voler considerare i gesti sciagurati di alcuni recenti epigoni di quella stagione di follia.

Sono stati gli anni degli opposti estremismi, delle tensioni sociali e politiche, delle stragi e delle bombe, della tentazione golpista, delle Brigate Rosse e delle innumerevoli sigle del terrore rosso e nero.

Sono stati anche gli anni dei misteri mai del tutto chiariti, degli “omissis”, delle connessioni inconfessabili, sospettate e raramente provate, tra alcuni apparati dello Stato ed esponenti dell’eversione italiana ed internazionale, in una logica perversa di reciproco utilizzo strumentale.

Ma, soprattutto, sono stati gli anni del sangue. Tanto, troppo sangue, versato dalle vittime di quella che fu, principalmente, una stagione di odio e terrore.

Sugli “anni di piombo” ci sono state inchieste giornalistiche di livello assoluto, che molto ci hanno raccontato, basti pensare a “La notte della Repubblica” di Sergio Zavoli, al pamphlet “L'affaire Moro” di Leonardo Sciascia o ai saggi tratti dalle trasmissioni di Carlo Lucarelli. C’è stato anche il fiorire recente di un’ampia memorialistica, che ha sviluppato accesi dibattiti, riaprendo ferite che forse non saranno mai del tutto sanate.

Ma molto resta da dire, raccontare, chiarire.

E la letteratura? Quale ruolo riveste? Molti romanzi hanno offerto e continuano a proporre il loro contributo all’elaborazione della memoria di quel tragico periodo storico, puntando spesso, con la forza e la libertà della finzione narrativa, a individuare le tante zone d’ombra che le verità ufficiali non ci raccontano. E non è un caso che la letteratura di tensione, per le sue intrinseche caratteristiche, abbia giocato sempre un ruolo di primo piano su questo versante. Potremmo citare un’infinità di titoli, da “Massacro per un presidente” di Diego Zandel o da “La paloma” di Carlo Castellaneta a “Il cattivo maestro” di Vincenzo Mantovani, da “Il vomerese” di Attilio Veraldi a “Come torrenti di pioggia” di Annamaria Fassio giungendo al recentissimo “Il vento dell’odio” di Roberto Cotroneo. Sono libri che, attraverso il racconto, approfondiscono, indagano su temi spinosi, elaborano ed interpretano un immaginario collettivo.

La rubrica “Libri gialli, anni di piombo” nasce proprio dall’esigenza di fare il punto della situazione su questo tema così vivo. Sarà uno spazio aperto, messo a disposizione di chi vorrà parlare di tutto questo, perché crediamo nell’importanza del testo come occasione di riflessione. Ma, soprattutto, riteniamo che un racconto, una recensione, un articolo contribuiscano a mantenere desti l’attenzione, il ricordo, il desiderio di verità.