In una intervista a ilQuotidiano.it, Massimo Carlotto parla di sé e delle proprie opere, compreso un progetto di fiction televisiva. Considerato uno dei maggiori esponenti del noir mediterraneo, Carlotto è uno scrittore eclettico, capace di sperimentare e di sperimentarsi nelle sceneggiatura di un film, nella stesura di un monologo teatrale o nel plot di una fiction. Come dice lui stesso, è “un autore in genere, più che un autore di genere”.

Il giallo e il noir vivono un momento di riscossa perché "il giallo è diventato la letteratura della realtà, un modo importante per raccontare l’Italia, e non solo. Sta coinvolgendo molte persone. Ci sono lettori che mi inviano fascicoli di casi giudiziari, c’è gente che mi consiglia le storie da raccontare. Il maestro dei nodi e Niente, più niente al mondo sono nati da queste indicazioni. Oggi non esiste più il giornalismo di inchiesta, così il romanzo giallo lo sta in qualche modo sostituendo. Si intravedono però i segnali di una crisi del genere, perché si sta appiattendo su una dimensione legalitaria più del governo. Nella maggior parte dei romanzi sono sempre i poliziotti ad indagare. Questo non va bene, bisogna trovare un modo più moderno di scrivere. Anche il mio prossimo romanzo sulla fuga degli industriali del nord-est e un altro, ambientato in Sardegna, sulla criminalità economica, sono ispirati a storie realmente accadute. E’ un lavoro di ricerca molto faticoso".

In merito poi alla nuova fiction in lavorazione per Mediaset, Carlotto prosegue: "E’ un noir ambientato nel nord est. Protagonista una grande famiglia di industriali. Una storia in quattro puntate. Ci sto lavorando da parecchio con Marco Videtta (story editor di famosissime fiction televisive fra cui anche RIS). Vorremmo fare una televisione di qualità e portare i lettori dei miei libri davanti alla tv. Abbiamo già in mente un noto regista di cinema a cui affidare direzione della fiction e anche un attore molto apprezzato dal pubblico per il ruolo del protagonista. Ma non ti posso dire altro. Comunque, credo che la televisione non vada abbandonata a se stessa".