Intrigo a Oriente è il primo titolo di una serie con gli stessi impareggiabili protagonisti.

Siamo andati a scoprire qualcosa di più di questa serie e del suo autore.

Colin Cotterill ci racconta la sua Asia: quella vissuta, quella narrata.

Caro Colin, benvenuto tra le pagine web di ThrillerMagazine. E benvenuto al tuo romanzo “Intrigo a Oriente” (The Coroner’s Lunch). La tua prima volta sul “mercato editoriale” italiano.

E’ un piacere essere qui. Grazie per avermi invitato.

Dietro ogni scrittore, c’è un uomo (e qualche volta, persino più d’uno in un singolo individuo…; ) ). Quindi, prima di parlare dei tuoi romanzi, ritengo sia utile ai lettori conoscere qualcosa di più su di te, sulla tua vita, le tue esperienze…

Sono nato a Wimbledon, in Inghilterra, nel 1952. Ho iniziato a viaggiare appena raggiunta l’età per poter camminare, tanto è vero che ho lasciato l’Inghilterra non appena completati gli studi (insegnante di educazione fisica), per dirigermi all’altro capo del mondo.

Eravamo ancora negli anni ’70. In Australia, insegnavo alle scuole elementari, e ciò mi portò lavorare con i rifugiati. Poiché molti di loro provenivano dal Sud Est Asiatico, pensai che avrei voluto proprio constatare di persona cosa stesse accadendo da quelle parti.

Ho poi insegnato in vari paesi, lavorato nei campi profughi e nell’ambito della protezione dell’infanzia. E’ stato come conseguenza di quest’ultima esperienza che ho iniziato a scrivere (come terapia).

Vivo a Chiang Mai, nel nord della Thailandia, con mia moglie Jessi. Tuttora mi piace mantenersi in forma, faccio vignette e illustrazioni e ora sono nella invidiabile posizione di potermi procurare di che vivere dalla mia scrittura.

Tra l’altro, per meglio entrare nei mondi - attorno a…, e dentro di… - Colin Cotterill, raccomando caldamente di visitare il suo sito web: www.colincotterill.com. E’ eccezionale, divertente: merito anche delle doti di disegnatore di Colin.

Dai, cosa ci dici di questo sito? E cosa della tua personalità “cartoon”?

Mi pareva che i siti web iniziassero a essere un tantino troppo simili tra loro, quantomeno per i miei gusti. Io volevo un sito che riflettesse la mia personalità. Sono un tipo piuttosto adattabile, non seguo un’unica linea e non sono uno di quelli il cui parametro di valutazione delle cose è: “o bianco, o nero”…

Questo è ciò che il mio sito dice. C’è una sezione con informazioni sui progetti laotiani che è digitata, ma il resto è tutto scritto e disegnato a mano. Ci sono un sacco di persone che non hanno letto i miei libri ma mi hanno scritto solo per complimentarsi per il sito.

Ho sempre amato fare vignette. Ho iniziato a tre anni, e non mi sono più fermato (e, potrebbe dire qualcuno, senza raggiungere alcun miglioramento). Ho due blocchi di schizzi pubblicati in tailandese, e stiamo lavorando su un archivio delle mie vignette che sono apparsi sulle pubblicazioni locali. Dove scrivere funzionò come terapia per i miei giorni impegnati nella protezione dei bambini, disegnare è diventata una terapia per distrarmi dalla scrittura.

Quando ti sei scoperto scrittore?

Avevo lavorato con una organizzazione che si occupava di violenze e abusi sui bambini, a Phuket e nella Thailandia meridionale. Era un periodo stressante, avevo bisogno di qualche tipo di sfogo per le mie frustrazioni. Avevo pubblicato alcuni articoli divertenti sui giornali nazionali, e cercavo d’immaginare quanto difficile potesse essere scrivere un romanzo. Andai all’aeroporto e comprai i quattro bestseller del momento. Decisi che non sarebbe stata così dura. Avevo un mucchio di informazioni sulla mia scrivania di cui volevo la gente sentisse parlare (statistiche sulla tratta di bambini, orribili storie di abusi). Così, scrissi il mio primo libro. Venne pubblicato localmente, e non vendette praticamente niente.

Scrissi quindi altri due romanzi, entrambi pubblicati in Thailandia e non distribuiti all’estero.

Quando veramente non ne potei più, e sentii il bisogno di starmene lontano dai problemi della gente almeno per un anno, decisi di spostarmi a Chiang Mai, e scrivere solamente. Fu durante quel periodo che si svilupparono le storie mistery del Dr. Siri.

Il tuo primo romanzo pubblicato?

Il primo romanzo, The Night Bastard [Il bastardo notturno], venne pubblicato in Thailandia nel 2000. Saltò fuori che l’editore era un furfante e non vidi mai un cent per le copie vendute.

Ma c’è qualcosa nell’aver pubblicato il tuo primo romanzo che ti rende più facile venderne un secondo. C’erano un sacco di elementi interessanti in quel mio primo libro di cui sono tuttora orgoglioso. Ma, a causa del suo argomento, fu un lavoro lungo e deprimente. I lettori sono già sufficientemente depressi dalla vita reale, non hanno bisogno che la fiction li spinga al suicidio.

E poi?

Altri due romanzi basati sulla protezione dell’infanzia (ma non così ossessivamente coinvolti). Trovai un editore locale di maggior reputazione a cui piacque il mio lavoro e lì pubblicò: Evil in the Land Without (2003) [Il Male nel paese senza  Male], ambientato in Inghilterra e in Birmania, e Pool and its Role in Asian Communism (2005) [Il biliardo e il suo ruolo nel comunismo asiatico], ambientato negli Stati Uniti e in Laos. Anche quest’ultimo trattava del traffico di minori dall’Asia, avevo deciso però che era venuto il momento di tirar su di morale i miei lettori. Ne feci quindi una sorta di commedia, scritta interamente in un linguaggio colloquiale e grammaticalmente scorretto. Fu un esperimento. Fui sorpreso della pubblicazione e deliziato dal riscontro che ricevette. Infatti, fu tale riscontro che m’incentivò ad affrontare qualcosa di più ambizioso.

The Coroner’s lunch (Intrigo a Oriente) è il primo romanzo di una serie. Lo hai pianificato come tale prima di cominciare, oppure è nato inizialmente come un “one shot”, e la serialità e arrivata dopo?

Era un libro, ma due per lunghezza. Quando realizzai che c’era troppo per un singolo romanzo, lo divisi in due, lavorando su ciascuna delle parti come storia individuale.

Furono quindi entrambe completate prima che The Coroner’s Lunch venisse accettato e pubblicato. Persino dopo non pensavo di tirarne fuori una serie. Non potevo immaginare che delle storie su una nazione di cui nessuno ha sentito parlare, senza alcun eroe occidentale, viste attraverso gli occhi di un Laotiano settantenne, potessero davvero diventare popolari. Mi meravigliai quando invece raggiunsero invece tale risultato.

Lo scenario di questo romanzo è veramente originale: Lao PDR, 1976. Come mai questa ambientazione?

Il mio lavoro con i rifugiati si svolse negli anni settanta, e accoglievamo un sacco di boat people in fuga dai comunisti che avevano preso il potere in Vietnam e in Laos. Feci amicizia con tante famiglie, ascoltai le loro storie sulle tremende purghe rosse e com’era la vita nei campi profughi dopo il 1975. Divenne per me una fissazione andare in questi paesi e guardarli dall’altro lato del muro. Ebbi questa opportunità agli inizi degli anni novanta.

Dopo decenni di lotta, nascosti nelle caverne del nord, il Pathet Lao sognava uno stato comunista. Dopo la caduta di Saigon, in Vietnam, questo sogno divenne una realtà. I realisti scapparono e il Pathet Lao arrivò a Vientane. Ma non c’erano persone capaci gestire i ministeri e amministrare la nazione. Furono tempi duri e confusi per la gente che ci viveva.

Ritenni che questo potesse essere un periodo affascinante per ambientarci un romanzo giallo.

Dunque: cosa succede in Intrigo a Oriente?

Il Dr. Siri ha 72 anni, e sogna di andare in pensione. Ha fatto parte delle forze comuniste che hanno preso il controllo del paese. E’ un chirurgo, e le sue competenze sono tuttora necessarie; così, viene forzato a reinventarsi patologo legale, e diventare il coroner nazionale. Il libro descrive il modo in cui si ritrova a trattare un caso politico e uno criminale, che coinvolgono un pezzo grosso, nonché il suo rapporto con quel mondo degli spiriti in cui si trova suo malgrado scaraventato. La storia inizia con tre Vietnamiti gettati in un bacino idrico con gusci metallici di proietti d’artiglieria usati attaccati alle gambe.

Ovviamente, non posso raccontare quello che succede poi, altrimenti non ci sarebbe bisogno di comprare il libro.

Ghost story, mistery, letteratura “esotica”… Quanti generi in Intrigo a Oriente?

Quando scrissi il libro ero abbastanza ingenuo. Non ritenevo di essere obbligato ad adattarlo a un genere. Pensavo solamente a scrivere una buona storia, avventurosa e divertente.

Ma poi fui reso più attento ai meccanismi di marketing e di distribuzione dei libri, e alle ampie basi di appassionati che supportano un genere o l’altro, all’attenta definizione delle nicchie di mercato.

Così, negli States sono stato presentato ai fans del mistery come “the new boy on the block”. In Inghilterra non c’è uno specifico lettore del solo mistery, quindi sono “diventato” genericamente un “giallista”.

Anche ora penso che nulla di ciò descriva appieno me o il libro. Ma non c’è nelle librerie una sezione pluricomprensiva “politico, storico, sovrannaturale, comico, giallo”, quindi devo prendere ciò che mi viene dato.

                

Il Sud Est Asiatico occupa un posto importante anche nella mia vita, quindi sono nella condizione di aver “doppiamente” apprezzato Intrigo a Oriente. Le varie esperienze di cui ho fatto tesoro (certo, di gran lunga inferiori alle tue!) mi hanno permesso di leggere vari aspetti del romanzo in modo più profondo. Per esempio: l’importanza della familiare presenza degli “spiriti” tra i popoli delle varie nazioni orientali.

Vorresti provare a spiegare quanto radicati sono spiriti, fantasmi e altre entità sovrannaturali nelle culture e negli animi asiatici? E, di conseguenza, quanto inevitabile diventi, nella maggior parte dei casi, renderli in qualche modo parte dell’ambientazione, allo scopo di offrire un quadro effettivo ed efficace?

Nei miei libri, è l’elemento sovrannaturale che spiazza in qualche modo i fans più puri del mistery. Ci sono regole. Risolvi un mistero; sveli un crimine, usando l’intelligenza e il  buon senso. Non ti è permesso di barare, comunicando con gli spiriti.

Comunque sia, in Asia, persino i politici e i capi delle maggiori multinazionali consultano il mondo degli spiriti prima di prendere i provvedimenti più importanti. Cercano date propizie per le decisioni fondamentali. Onorano gli spiriti elementali che le loro costruzioni hanno reso senza casa. Fanno benedire i loro aeroplani e pregano gli antenati. E’ impossibile vivere in questa parte del mondo senza venir coinvolto nel sovrannaturale.

Le nuove generazioni iniziano ad essere tanto ciniche quanto lo siamo in Occidente; penso che sia una terribile vergogna, visto quanto il culto degli spiriti è radicato nella tradizione.

E’ affascinante per esempio che in Laos, negli anni settanta, mentre i membri del Comitato Centrale condannavano la religione e vietavano lo sciamanesimo, come noto le loro mogli sgattaiolavano fuori casa ogni mattina per la ritualità delle offerte e a consultare gli indovini. Non puoi ignorare uno spirito benevolo.

(In tutta onestà: il Dr. Siri non bluffa. Riceve i suoi indizi dal mondo degli spiriti, ma puntualmente non riconosce il loro significato sino a che il mistero non è stato risolto attraverso i tradizionali mezzi d’indagine).

Come già da te accennato prima, tra i personaggi del tuo romanzo non ci sono occidentali. Nemmeno uno che sia visibile, né maschio né femmina. Questo è un caso raro, rapportandoci alla pur considerevole produzione di cosiddetta narrativa “esotica” scritta da occidentali. La tua è sicuramente un’opzione inusuale, da rimarcare e apprezzare. Va peraltro aggiunto che, per ottenere i massimi risultati da questa scelta, bisogna essere veramente competenti e aperti – come te – circa le locali tradizioni, la storia, i comportamenti, la società, la politica, la religione, eccetera… Anche se, alla fine, è vero pure che – nel suo profondo – l’essere umano è essere umano, a dispetto delle differenze che derivano dalla lista di cui sopra.

L’unico problema che si può trovare nel non avere un personaggio occidentale nel libro, è che poi non si può chiedere a Brad Pitt di interpretare il Dr. Siri nel film!

Sono molto fortunato di essere un buon osservatore di caratteri e delle loro peculiarità. Nei miei contatti, in tante ore di interviste e di chiacchierate, tra un sorso di whisky di riso e l’altro, ho acquisito la capacità di riconoscere cosa sia “un personaggio”. Sono principalmente le similitudini che noto: come quest’uomo reagisca allo stesso modo di mio padre, o come questo insegnante abbia la stessa attitudine di un mio maestro delle elementari. Sono assolutamente d’accordo con il fatto che c’è un Colin (o un Fabio Novel) in ogni nazione, solo alterato delle circostanze e dalle opportunità. Leggiamo così tanti libri e vediamo cosi tanti film nei quali gli Asiatici sono anonime comparse… Io voglio che la gente veda i miei personaggi come qualcuno che vorrebbero conoscere, o forse come qualcuno che già conoscono.

Ancora sui personaggi. Sembri particolarmente focalizzato sulle loro personalità, ma sempre senza essere descrittivo. Essi sono “vivi” e plausibili, ma in ragione delle “loro” parole, azioni e – qualche volta – pensieri..

All’inizio ero preoccupato di dover stabilire una voce per i personaggi. Chiaramente il dialogo doveva essere scritto in inglese, ma non volevo risultasse… "China speak". Temevo di trovare persone che mi chiedessero: "Un Laotiano veramente parla in questo modo?" Beh, no, non parlano così perché usano la loro lingua, e hanno ironia, reazioni, comportamenti e norme culturali che sarebbero troppo lunghe da spiegare, senza per questo fornirci l’essenza di ciò che sono.

Dovevo dunque usare l’inglese per dare un senso di personalità in cui il lettore potesse identificarsi. Sono stato estremamente gratificato dalla reazione dei (assai pochi) Laotiani che sono in grado di leggere tutto un romanzo in inglese, i quali hanno dimostrato di essersi divertiti con i libri del Dr. Siri.

In quali pasticci si ritroveranno il dr. Siri e i suoi compagni negli altri episodi della serie, come per esempio Disco for the Departed [Disco-music per i defunti], Thirty-Three Teeth [Trentatré denti] e Anarchy and Old Dogs [Anarchia e vecchi cani]?

Sto appunto scrivendo il sesto romanzo con il Dr. Siri, quindi sappiamo almeno che è tuttora vivo (ma lo è davvero?). Il dottore inizia a comprendere molto di più il suo “dono” spirituale, trovando un certo controllo sullo stesso.

C’è un colpo di stato, un matrimonio, una gravidanza, svariate sanguinose morti, un travestito indovino, lo spirito di un cane defunto, un malvagio serial killer… Oh, così tante cose che non so da dove cominciare.

Come sappiamo dalla biografia, hai speso (investito?; ) ) la maggior parte della tua vita all’estero: Australia, Giappone, Thailandia… principalmente nel Sud Est Asiatico, ad ogni modo. C’è un punto di passaggio, nell’arco di un’esistenza, in cui un expat cessa di essere un “farang” [n.d.r.: così in Thailandia vengono chiamati gli stranieri occidentali], per quanto ben integrato nel tessuto sociale? Oppure, alla fine, valicare “davvero” questo confine non è possibile?

Vedo tre tipi di espatriati.

Ci sono quelli che si portano dietro la loro nazione. Ovunque siano, restano “un Inglese” (o “un Italiano”, o “un Cinese”…) che vive all’estero. Essi imparano solamente il rudimentale vocabolario necessario a sopravvivere, si mescolano solo con altri espatriati, mangiano il loro cibo e hanno opinioni ampiamente negative sulla popolazione locale. Non hanno alcuna intenzione di rinunciare alla loro cultura o accettare quella degli altri.

Ci sono poi quelli che “diventano nativi”. Essi diventano locali, ne assorbono la lingua e la cultura e piantano il loro passato per iniziare una nuova vita. Ma ovviamente, per quanto lo neghino, resteranno sempre degli outsider.

C’è infine il gruppo di positivi, che riescono ad ambientarsi felicemente ovunque. Essi sanno prendere il meglio da entrambi i mondi, dando un po’, prendendo un po’.  Imparano e capiscono la nazione dove vivono, e comprendo che non tutto è perfetto. Sanno di avere qualcosa del proprio background che possono dare. Sono accettati come stranieri che non sono lì per ragioni del tutto egoistiche.

Spero veramente di appartenere a quest’ultima categoria.

E del Londinese, cosa rimane? Una sorta di humor britannico, forse?; )

Il mio humor inglese è uno degli articoli più grandi del bagaglio che ho portato con me. E’ sorprendente come una risata possa alleggerire le tensioni quasi ovunque. Ho un passaporto australiano assieme al mio britannico, ma quando si va al sodo, in particolare sul campo di calcio, divento “piuttosto” britannico. Ho perso il mio accento londinese, ma non il mio senso di appartenenza.

Ho sottolineato l’aspetto dello ”humor” perché l’ironia è una componente forte della tua narrativa, almeno per quanto ho letto in Intrigo a Oriente. E’ però una spezia molto ben dosata…

Dico spesso che una cosa che mi ha sempre impressionato del Laos è il fatto che per quanto un Laotiano possa avere poco, per quanto possa aver sofferto in varie guerre, per quanto possa essere trattato poveramente, riesce a vedere sempre un aspetto divertente di ciò che accade. Lo riconducono al destino. Ricordo una donna che mi raccontava dei suoi due figli, che erano stato uccisi da una bomba nei campi. Disse che stavano bighellonando in giro invece di lavorare. Rise e disse: “Scommetto che hanno imparato la lezione.”

Un domanda proprio classica: quali sono i tuoi autori e libri favoriti, in generale? E, più specificatamente, quali sono gli scrittori che più suggerisci tra quelli che ambientano (o hanno ambientato) i loro romanzi nel Sud Est Asiatico?

Questo è il punto in cui fallisco miseramente ai cocktail party.

Mi spiace, non leggo molta fiction. Quando ho tempo di leggere mi concentro su testi saggistici, storici o libri di viaggi che possono aiutarmi nella ricerca. Il mio libro di viaggi preferito è A Dragon Apparent, di Norman Lewis, che parla di un viaggio che fece nell’area negli anni Cinquanta. Cerco di leggere romanzi ambientati in zona quando viaggio, ma non ne trovo molti che rendano il senso dei luoghi.

Christopher G. Moore fa un buon lavoro nel dipingere il lato oscuro di Bangkok.  

Di recente, sei stato in Italia, ospite al Piemonte Grinzane Noir, dove hai partecipato ad un incontro coi lettori in compagni di scrittori come Barry Eisler, Andy Oaks, Alan D. Altieri, con Luca Crovi come presentatore e intervistatore. Cosa ci racconti di questa esperienza?

Mia moglie e io stiamo ancora parlando del viaggio. Abbiamo passato momenti meravigliosi. Mi sono sentito un po’ in colpa per aver pasteggiato e gustato vini, ed essere stato ospitato in un posto così meraviglioso, il tutto a fronte di un ora di lavoro. E, per dirla tutta, l’ora non è stata di vero lavoro. Il programma radio e la seguente tavola rotonda sono stati così divertenti che eravamo spiaciuti quando sono finiti. Avevamo una meravigliosa interprete, Simona Caldera, e Luca ha messo tutti a loro agio. Vorrei che tutte le tavole rotonde fossero come questa.

In quali paesi sono stati pubblicati i tuoi romanzi, e dove hanno incontrato maggiore apprezzamento?

La serie sta già proseguendo negli Stati Uniti, in Australia, in Francia e in Inghilterra. Il primo romanzo esce in Giappone a Gennaio e abbiamo appena venduto i diritti in Germania e Svezia.

Siccome negli Stati Uniti è già uscito il quarto libro, è da lì che ricevo la maggior parte delle mail di ammiratori. Il secondo libro, Thirty Three Teeth, ha vinto il Premio Dylis dell’Independent Mystery Bookseller’s Association.

La versione francese di The Coroner’s Lunch ha vinto quest’anno il premio delle Ferrovie SNCF per il miglior mistery europeo: mi sono guadagnato un anno di trasporti gratis con le ferrovie francesi.

Dicevi d’avere un romanzo in scrittura… Progetti per il futuro?

Sì, come ho detto sto lavorando sul sesto romanzo della seria, titolo provvisorio A Merry Misogynist [Un allegro misogino]. Sto lentamente raccogliendo delle storie di persone al “crepuscolo” delle esistenze per un libro di racconti chiamato Aging Disgracefully [Invecchiare malamente], e sto assemblando una graphic novel per teenagers che continuo a rimandare.

Un “messaggio” finale circa “Intrigo a Oriente” per i lettori italiani?

Mi fa molto piacere che i lettori italiani abbiano la possibilità di incontrare e passare il tempo con il Dr. Siri. So che non vi deluderà.

Desidero ringraziare la Fanucci, e in particolare Valentina Notarberdardino per tutto il loro aiuto e la loro cortesia.

Bene, Colin. Per stavolta, è tutto. Grazie mille. Spero che ti sia piaciuto, qui da noi. Ovviamente, alla prossima uscita italiana di un tuo romanzo (che speriamo arrivi quanto prima!), lo… rifacciamo?; )

Fabio, è stato fantastico. Ma sono le tre di notte. Mi lasci dormire un po’?