Distribuito con due anni di ritardo (la pellicola è del 2005) Harsh Times vede sceneggiatura e regia di David Ayer, autore dello script, tanto per mettere i puntini sulle “i”, di Training Day. Se di quest’ultimo ci si ferisce, di Harsh (aspro, duro, crudele…) Times si perisce, perché la riflessione su quanto inestirpabile sia il male, è spinta stavolta molto più in là di quanto non avveniva nel film di Fuqua. Per descrivere una discesa all’Inferno mai così profondo, mai così spaventosamente vicino, serviva uno script capace di resistere all’ovvio, al banale, alla retorica, una buona dose di coraggio, una regia capace, una conoscenza di ciò che si va a mettere in scena. Be’, c’è tutto quello appena citato. Intanto Ayer sa come dar corpo e voce ad una coppia perennemente in scena, quella composta dall’ex appartenente alle forze speciali Jim Luther Davis (Christian Bale) e l’ex programmatore Mike Alonzo (Freddy Rodríguez), coppia che nella lancinante chiarezza dei ruoli (Davis dà gli ordini, Alonzo ubbidisce…) trova la chiave di volta per non perdere mai in tensione e spessore, anche grazie ad un crescendo implacabile della posta in gioco che ruota inevitabilmente attorno a tre cardini: il primo rappresentato dalla ricerca di entrambi di un lavoro (in polizia per Davis, uno qualunque per Alonzo), il secondo dall’amore verso le rispettive fidanzate (una giovane messicana nel caso di David, un avvocatessa quella di Alonzo, l’Eva Longoria di Desperate Housewives, amori comunque non privi di ambiguità…), mentre il terzo è quello di una serie di azioni (furti, riciclaggio di alcune armi rubate, sbronze sempre più massicce…) che iniziano a stringere il cerchio attorno ai due…). Ancora, se ci è consentito, perfino un finale che di primo acchito, sospeso com’è tra l’aperto e l’happy end (almeno per metà della coppia…), pare entrarci poco col resto del film, non incrina né il ritmo tonitruante che la regia di Ayer sa imprimere all’intera storia, né la forza espressiva del film, così che anche a volerlo leggere come un rito di passaggio dove un cucciolo (Bambi, perché no?) si allontana dalla madre, attraversa la foresta in fiamme che pullula di cacciatori e di tentazioni, si brucia per bene, riesce a sopravvivere, e alla fine quando tutto ha visto e tutto ha provato, ora che è adulto e disincantato per sempre, ritrova la madre, Harsh Time ha il pregio di diventare in due ore il gemello sporco e altrettanto adrenalinico di Vivere e morire a Los Angeles. Confronto per confronto, Harsh Time, sembra anche il vero e proprio negativo di Grindhouse: dove il film di Tarantino usa trascendere la realtà con massicce dosi di talento, Harsh Time, che fa tutto fuorché sprizzare talento, la realtà la strappa a morsi dalle strade, dalle auto, dai bar, dalle feste al di là del confine, solo per dimostrare quanto sia difficile da inghiottire e da digerire. Anche Harsh Time è imperdibile (e insieme a Grindhouse fanno due…).