Autunno 1943: dopo la disfatta di Stalingrado, Hitler sa che la guerra è oramai perduta, e sa anche che l'imminente Conferenza di Teheran tra gli Alleati si occuperà di stabilire le condizioni della inevitabile resa del Reich nazista. Rendendosi conto che la resa incondizionata chiesta da Roosevelt sarebbe una rovina per la Germania, Hitler ha lanciato dei segnali di pace, cosa che a sua insaputa ha fatto anche Himmler, pronto a tentare persino un colpo di stato che sostituisca Hitler pur di raggiungere un accordo. Roosevelt e Stalin sono pronti a negoziare. Solo Churchill si rifiuta. In breve, a Teheran la tensione raggiunge il massimo grado, e la città, tra il tentativo di un colpo di mano tedesco e i contrasti tra gli Alleati, diviene il palcoscenico di una rappresentazione pericolosa i cui termini sono di un'importanza cruciale per il futuro del mondo. Al centro di questo gioco di specchi sta il protagonista Willard Mayer, filosofo di Harvard, aggregato al Controspionaggio americano come esperto della Germania, che Roosevelt sceglie come suo collaboratore. Intellettuale fascinoso e vitale, ma con un passato da nascondere, Mayer è il personaggio perfetto per quel mondo di menzogne, tradimenti e delitti che si dispiega davanti ai suoi occhi.

Con La pace di Hitler, Philip Kerr torna alla fonte di ispirazione che sta alla base della sua Trilogia berlinese: gli anni della Seconda Guerra Mondiale e il thriller storico nel quale convivono personaggi reali e di invenzione.

Philip Kerr, La pace di Hitler (Passigli, 2006) - pp. 476 - € 18,50