Ambientato fra i villaggi di Baisu e Dai An durante l'occupazione giapponese della Cina, Fiori di Cotone è uno dei racconti lunghi più importanti di Tie Ning, scrittrice di nuova generazione che ha fatto della condizione femminile uno dei temi portanti delle sue opere, fra le quali spicca il romanzo Donna sotto la doccia (2000). Nella novella, pubblicata in Italia da Halley Editrice nell'aprile del 2005, protagoniste sono due ragazze, Qiao e Xiao Chouzi, che vedono nella lotta contro gli invasori e soprattutto nella Resistenza, costituita da piccole cellule di partito, la possibilità di riscatto da un'esistenza misera, fatta di coltivazione forzata di cotone occidentale, giochi sessuali più o meno consapevoli e ricerca affannosa di un uomo con cui poter condividere qualcosa che vada oltre il corpo. Purtroppo le speranze delle ragazze, tenaci e variegate come i campi di cotone che adornano il paesaggio ma che presto cederanno il posto alla violenza della guerra, dovranno scontrarsi presto con l'insensatezza della brutalità maschile, in un mondo che concepisce le donne unicamente come marionette senza importanza da manovrare a piacimento in base alle esigenze del momento. Così, i fiori che tanto avevano dato lustro a quel lembo di terra, famoso proprio per la coltivazione del cotone, assisteranno attoniti al dramma sanguinoso dei sogni infranti di due ragazze, amiche diffidenti e tuttavia accomunate da una parallela quanto assurda ricerca di felicità, negata dagli eventi e dalla storia declinata al maschile.

Scritto con un linguaggio semplice e a tratti ellittico, che trova la sua forza nel tacere piuttosto che nell'esplicitare i fatti violenti, che rimangono sullo sfondo come in filigrana sotto le parole tracciate sul foglio, Fiori di Cotone ha sicuramente il merito di volgere l'attenzione dei lettori e delle lettrici su un capitolo sanguinoso e lacerante della storia della Terra di Mezzo, quell'invasione giapponese che gìà era stata al centro delle vicende epiche narrate da Mo Yan nel suo capolavoro Sorgo Rosso. Tuttavia, nonostante le buone intenzioni dell'autrice, la scrittura appare spesso acerba e come inceppata, fratturata in una serie di segmenti o capitoli che spesso stentano a trovare un punto di raccordo fra loro, fatto questo probabilmente dovuto ad un passaggio doppio di lingue, essendo la traduzione italiana condotta sulla versione francese piuttosto che sull'edizione originale cinese. E' possibile che qualcosa d'intrinseco alla scrittura di Tie Ning sia andato perduto nello slittamento dal cinese al francese e poi dal francese all'italiano; il libro resta comunque una buona testimonianza di uno dei drammi più violenti vissuti dalla Cina, e se la trama manca della carica sottilmente decadente e incisiva di un Su Tong - si pensi a La casa dell'oppio e alla sua famiglia in progressivo disfacimento - presentare un testo del genere ai lettori e alle lettrici italiane è senz'altro un atto coraggioso e degno di nota.