Si va nella Ruritania…

Questa volta non troviamo il grande investigatore intento a snocciolare soltanto le solite acrobatiche deduzioni (ci sono anche queste) ma, soprattutto, lo seguiremo in un continuo, incessante movimento. Racconto d’azione più che di pensiero. D’altra parte meglio così che vederlo impigrire sulla poltrona. Il suo cervello ha bisogno di continue sfide per non morire di noia. Come quella instillata dal colonnello Sapt che arriva addirittura dalla Ruritania, piccola nazione dell’Europa centrale, perché Sherlock possa ritrovare un certo Rassendyl, sosia perfetto del re, ora gravemente ammalato. Solo che il suddetto è scomparso e in giro c’è il conte Rupert di Hentzau che vuole impadronirsi del trono.

Una bella sfida per il Nostro che, con l’aiuto anche del fratello Mycroft (un “segugio irrequieto), parte, insieme a Watson, verso la Ruritania dove il colonnello Sapt trova la morte con un pugnale conficcato nel torace. La faccenda si fa pericolosa. Dicevo del movimento, e infatti, prima ancora di arrivare a destinazione, c’è subito uno scontro con quattro malviventi, in seguito cazzottoni, corse al galoppo, colpi in testa, magnifico travestimento finale. Abbiamo anche, signori miei, una bella sorpresa. Uno Sherlock più umano che, almeno per una volta, tira ad indovinare ed è lui stesso ad ammetterlo. Leggere per credere.

Al termine due contributi di Luigi Pachì “L’universo sherlockiano di David Stuart Davies” e “Dalla Sherlock Holmes Gazette” allo “Sherlock Magazine”. Una goduria. Arileggere per credere.