Dodici miglia al largo (2014) di Alessandra C.

       

Dalla quarta di copertina:

Mar Cinese meridionale. Teatro delle scorrerie di moderni predoni lanciati all’arrembaggio di imbarcazioni private, navi commerciali, petroliere. Una notte, in quelle acque, un cargo che ufficialmente trasportava pneumatici rigenerati è stato abbordato da uno yacht di quaranta metri. Gli assalitori miravano al carico segreto di casse contenenti microchip di ultima generazione. In qualche modo sapevano della sua esistenza: per Flavio, responsabile della sicurezza alla MatroxTec di New York, non ci sono dubbi. E adesso i guai grossi sono appena cominciati, perché il problema non sono più i chip ormai perduti, ma qualcos’altro che nessuno dovrebbe scoprire. Tantomeno un pirata come Ryan: il prezioso carico di silicio l’ha rubato lui, su commissione, insieme alla sua squadra di professionisti. E ora ha davanti agli occhi alcune ampolle di un misterioso liquido rosso, prelevate dal cargo per errore. Campioni di una nuova tecnologia dalle finalità sconosciute. E dall’enigmatico nome in codice. Rosso Infinito.

      

Ecco l’incipit:

Il led della stampante lampeggiò a intermittenza e pochi fogli finirono impilati nel cestello. Lui li osservò, quello che aveva analizzato sullo schermo non assumeva sembianze diverse se riportato su carta. Schiacciò l’interfono e annunciò: — Arrivo!.

Flavio raccolse i tabulati e le mappe, con falcata lunga si lasciò alle spalle il corridoio lucido di cera e spalancò senza bussare l’ultima porta in fondo.

Il pavimento dell’ampio ufficio aveva riflessi piombo e nessun quadro era appeso nel perimetro delimitato dalle pareti chiare.

Una vetrata. Le tende a pannello celavano la vista dell’esterno e la luce filtrava irradiandosi omogenea, creando chiarori morbidi nell’austero salone dirigenziale.

L’uomo alla scrivania aveva le braccia conserte appoggiate al bordo e fissava uno schermo al plasma. All’ingresso di Flavio la sua espressione non mutò.

Lui si accomodò, il fine fresco lana dei pantaloni frusciò adattandosi al movimento, le dita tremarono leggermente disponendo i fogli sul tavolo e le iridi acquamarina si dilatarono incrociando gli occhi stanchi dell’uomo.

Flavio deglutì saliva al gusto di bile.

— Sono andati a colpo sicuro. Il cargo trasportava pneumatici rigenerati di pessima qualità. Partito dal porto di Chiba, doveva rallentare all’altezza di Hong Kong, fuori dalle acque territoriali. I cinesi avrebbero dovuto prelevare e sparire. Hanno attaccato stanotte, si sono fatti consegnare solo le casse contenenti i chip. L’azione è durata meno di un’ora.

Le rughe sulla fronte dell’uomo divennero solchi profondi, passò una mano sulla capigliatura canuta, gli occhi rimasero immobili, fissi sul monitor. Si schiarì la voce che raschiava emergendo dalla veglia forzata. — Nessun bandito rischia per un rottame che trasporta gomme. Nessuno. Neanche quei morti di fame di vietnamiti.

Flavio serrò la mandibola e i pugni e colpì la scrivania in un irrazionale sfogo di tensione. All’urto lo schermo vibrò provocando un piccolo maremoto nelle isole rappresentate sul video. — Erano milioni in tecnologia, nessuno ha rischiato. Semplicemente, sapevano.

         

Alessandra Contin, alias Alessandra C, scrittrice e giornalista esperta di nuovi media e cultura del videogioco, collabora con il quotidiano “La Stampa” e il mensile “PlayStation Magazine”. Ha esordito nel 2000 con il romanzo Webmaster (Addictions-Magenes Editoriale), ha scritto numerosi racconti tra i quali “Skip intro” presente nell’antologia Ragazze che dovresti conoscere (Einaudi) e il romanzo Skill (Einaudi). Ha pubblicato inoltre saggi in raccolte di games studies. Quando non scrive, vaga senza meta nel Sudest asiatico.

      

All’interno, il racconto L’uomo che scambiò sua moglie con un cappello di Giovanni Zucca.

      

Dodici miglia al largo di Alessandra C (Segretissimo n. 1607), 224 pagine, euro 4,90