The Bourne Legacy: ancora una volta il titolo può trarre in inganno. Non ci sono legami con L’eredità di Bourne di Eric Van Lustbader uscito nel 2004 e primo di una lunga serie di romanzi che riprendono la figura dell’eroe originale di Robert Ludlum, sviluppandola secondo una continuity che nulla ha a che fare con quella seguita dai film.

Torna Tony Gilroy alla regia e alla sceneggiatura di una storia che s’intreccia con l’ultimo episodio di Greengrass. Vediamo l’omicidio del reporter inglese che si svolgeva all’inizio del film precedente, scorgiamo solo di sfuggita Pamela Landy, Noah Vosen, lo stesso Bourne. Nel frattempo nei gelidi panorami d’Alaska facciamo conoscenza con Aaron Cross agente del progetto Outcome che rappresenta la versione più recente di Treadstone. Ossia assassini geneticamente modificati per diventare quasi dei super uomini. Dipendenti, però, da continui controlli medici e da pastiglie per il fisico e per la mente. Perché non basta più l’addestramento e il condizionamento mentale che il dottor Hirsh (Albert Finney) aveva concepito per la prima generazione di agenti.

Ora è entrata di prepotenza la mappatura del genoma umano e gli studi svolti in gran segreto da una società legata alla CIA dove lavora Marta Shearing, bella dottoressa con il musino di Rachel Weisz che intuiamo destinata a incontrare il “nuovo Bourne”.

            

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