– Dormi ancora vestito, Salvo?

– Conosci bene le mie abitudini. E sai come lavoro. In ogni caso solo mia madre, che io sappia, mi chiama ancora Salvo.

– Be’, è il tuo nome, no?

Non era certo facile smontare uno come Domenico Costa. Nonostante gli occhi carichi di dolcezza, quando voleva era capace di caricare come un bulldozer, fino a che non aveva ottenuto il suo scopo. Dopo tutto, se era lì, ci doveva essere un motivo. L’uomo allungò le gambe sterminate, che debordarono fuori per un bel pezzo, poi si stirò in maniera plateale e incrociò entrambe le mani dietro la testa, mettendo a dura prova le cuciture della giacca.

– Dimmi un po’… ho sentito certe voci… è vero quel che si dice in giro?

Sal sospirò appena, sapeva che quella storia non avrebbe mai cessato di perseguitarlo.

– Come no? È tutto vero, e tu lo sai bene, senza bisogno di venirlo a chiedere a me. Cos’è, ti hanno mandato a controllarmi per caso? – ma senza aspettare risposta continuò. – Del resto non c’è nulla da controllare. È tutto vero. Sono stato ricoverato per tre anni in una clinica per disintossicarmi. Ho rischiato di morire e di perdere il lavoro. L’alcol mi aveva trasformato in un relitto e quando sono uscito nessuno mi voleva più. Ho avuto questo incarico solo grazie alle amicizie dei tempi passati. Volevi sapere altro?

Domenico rimase a occhi chiusi, senza muovere nemmeno un muscolo. Sembrava quasi che dormisse. Quando rispose, lo fece mormorando appena.

– Tutte cose che sapevo, vecchio mio, tutte cose che sapevo già. Ma non importa, non c’è nessuno al mondo che possa svolgere questo lavoro come te, e nell’ambiente sappiamo tutti quello che hai passato. Voglio dire, quello che è successo a Clotilde deve averti quasi ucciso.

– Già, tu come la prenderesti se un maledetto cancro si prendesse tua moglie mangiandola viva giorno dopo giorno, senza che tu possa farci niente?

– Malissimo.

– Ecco, appunto. Ma non credi che sarebbe ora di dirmi perché sei qua?

– Te lo dirò quando la smetterai di stare sulla difensiva e ti deciderai a sederti.

Sal si sedette su una sedia e lasciò che l’amico parlasse.

– Dimmi, Sal... sei stato al cinema, di recente?

Abituato alle intemperanze del collega, Sal non si mostrò sorpreso, ma rispose come uno scolaro diligente, anche se con un pizzico d’ironia.

– Come no? Ho visto Via col Vento. E avevo accanto a me Vivien Leigh che ha divorato un cestello di pop corn grosso come un secchio.

– Sei rimasto indietro, Sal. Vivien Leigh è morta da un paio di secoli, e le pizze di Via col Vento credo che siano andate a fuoco nell’ultimo incendio degli Studios.

– Ah, allora cosa avrei dovuto vedere, secondo te?

– Mah, non so… Per esempio Hostel.

Sal si fece attento.

– Hostel, dici? Vediamo, fammi pensare... Non era forse quello che parlava di snuff movie? Anzi, no. Ancora meglio, ragazzi rapiti dagli ostelli e utilizzati per regalare a pochi, selezionati, ricconi il fascino proibito della morte in diretta. Non verrai a raccontarmi che qualcuno, in chissà quale sperduta parte del mondo, lo sta facendo veramente?

– Non esattamente, ma ci sei vicino. E comunque non in qualche parte del mondo, ma a Las Vegas. Mai sentito parlare, amico mio, di Hunting Bambi?

– Ma insomma, cos’è? Un gioco a premi? Non avrai mica attraversato tutta la penisola per venirmi a propinare dei quiz, tante volte. E già che ci siamo, di grazia, tu che cosa ci stai facendo qui?

– Eh, ora sì che ci intendiamo. Sono arrivato qui seguendo un sospettato che guarda caso in questo preciso momento si sta rotolando tra le lenzuola di seta con la tua Daria, nella camera d’angolo del corridoio, in fondo a destra. Sorvegliata a vista dai tuoi uomini e dai miei. Questo albergo sta diventando molto affollato, davvero. Abbiamo più uomini di sicurezza che personale del servizio ai piani, te lo assicuro. A proposito non trovi che quella ragazza assomigli come uno specchio a Clotilde?