«Il problema accadde perché ero annoiato. All’epoca ero sobrio da 28 giorni e passavo le notti giocando a backgammon su internet: avrei dovuto partecipare alle riunioni degli alcolisti anonimi, ma non lo facevo»: questo è l’incipit di un racconto apparso nell’agosto 2007 sul numero 24 della rivista McSweeney’s. «Leggevo un sacco di gialli e romanzi sui detective privati, di autori come Hammett, Goodis, Chandler, Thompson. I soliti sospetti, insomma. Visto che la mia vita era così opaca, avevo bisogno delle emozioni che mi davano quei libri: il pericolo, la violenza, la disperazione».

Chi scrive è Jonathan Ames, giovane autore che dopo aver pubblicato alcuni libri di medio successo si inventa il personaggio di Jonathan Ames, giovane autore che ha pubblicato un libro che ha avuto quasi alcun successo, cioè il protagonista del racconto Bored to Death.

Se questa fosse una storia di Paul Auster, lo scrittore amante degli investigatori risponderebbe al telefono e accetterebbe un incarico da investigatore, come accade al protagonista di Città di vetro (City of Glass, 1985), romanzo in cui uno scrittore di romanzi gialli si improvvisa investigatore come gli eroi delle storie che scrive.  L’eroe newyorkese di Auster usa lo pseudonimo William Wilson - simbolo del doppelgänger, il doppio da sé reso celebre dal William Wilson di E.A. Poe - quindi gli serve un doppio: cioè Jonathan Ames, giovane scrittore newyorkese che dopo aver risposto ad una telefonata si improvvisa investigatore privato, come quelli letti nei libri.

             

Questo grandioso gioco citazionistico due anni dopo la prima pubblicazione diventa l’episodio pilota di una serie televisiva baciata dal successo, e arrivata in patria alla terza stagione: Bored to Death, andata in onda per la prima volta il 20 settembre 2009. (Quasi subito, il 6 ottobre successivo, l’autore ripubblica in eBook il racconto originario scritto due anni prima: Bored to Death: A Noir-otic Story, Simon & Schuster.)

L’attore Jason Schwartzman dà vita a Jonathan Ames, giovane autore newyorkese che dopo un romanzo d’esordio non proprio baciato dal successo - «Su Amazon ha venduto meno di 500 copie» gli rimprovererà una ricattatrice, in una divertentissima sequenza del sesto episodio - viene mollato dalla fidanzata. Non è che lei se ne sia andata per l’insuccesso editoriale, intendiamoci, ma solo perché Ames continua a fare largo uso di marijuana e vino bianco sebbene abbia più volte promesso di smettere.

Jonathan Ames (Jason Schwartzman)
Jonathan Ames (Jason Schwartzman)
«Gli uomini affrontano la realtà, le donne no: perciò gli uomini bevono»: questa frase, tratta dal romanzo di Ames - Passo come la notte (I pass like night) - sembra spiegare il motivo della dipendenza del suo autore, sebbene il suo capo George affermi che la frase Ames l’abbia rubata a lui. Sì, perché il giovane autore ha anche un capo, interpretato magistralmente da Ted Danson: un editore di una rivista (Edition New York) che fa scrivere ad Ames alcuni pezzi di costume - gli stessi pezzi che ha scritto il “vero” Ames nella realtà.

Mollato dalla fidanzata, quindi, Ames cade in depressione: niente però che non possa passare leggendo Addio, mia amata di Raymond Chandler. Letto d’un fiato il grande classico, lo scrittore si fionda al computer e, in un giornale digitale di annunci, si propone come investigatore privato dai prezzi modici, sebbene privo di licenza. La prima telefonata è quasi immediata, e così Ames può calarsi nei panni di un vero e proprio investigatore (dilettante e letterario), fino ad arrivare in una puntata a contraffare la propria firma: sul registro di un albergo, infatti, si identifica come Philip Marlowe.

             

«Mi è piaciuto il tuo romanzo: oscuro, divertente, perverso, magnifico - è il commento di Jim Jarmusch, nel terzo episodio. - Devi davvero soffrire a giudicare dalla terrificante chiarezza della tua visione». «Grazie. In effetti soffro molto» è la semplice risposta di Ames.

Non la pensa così il critico letterario di CQ Louis Green, che intitola la sua stroncatura “Jonathan, la prossima volta scrivi con entrambe le mani”. «Vuol dire che mi masturbavo mentre scrivevo!» spiega piccato Jonathan al suo capo George, che non ha capito il senso della frase. «Vedila così - infierisce il critico, - almeno il tuo romanzo ha prodotto una frase memorabile, che casualmente ho scritto io».

Il trio protagonista del telefilm
Il trio protagonista del telefilm
Non bastassero le critiche discordanti, Ames ha anche il blocco dello scrittore: del suo nuovo romanzo (il secondo) non ha scritto che una sola frase, «I was in a lot of mental pain» (Ero in pieno dolore mentale), che corregge subito in «I was in a lot of emotional pain» (Ero in pieno dolore emotivo). Quando lo contatta la sua agente letteraria Carolyn (Bebe Neuwirth), può dire onestamente che il suo protagonista «sta avendo molti problemi emotivi... e anche mentali».

Di questo nuovo romanzo sappiamo poco, giusto che parla del «fallimento del viaggio di un uomo attraverso il Kamasutra»... Forse ne sapremo di più dalle successive stagioni del telefilm.

       

In chiusura, quando al Jonathan Ames personaggio viene chiesto di recensire il nuovo romanzo di Paul Auster, capiamo che il gioco citazionistico è completo e che ora sta ad Auster creare un personaggio che si finga... Jonathan Ames!