Un nuovo classico del giallo - Ascensore per il patibolo (Ascenseur pour l’échafaud, 1957) di Luois Malle - finisce vittima dell’arte parodistica del giornalista e romanziere Enzo Verrengia, e diventa... Assessore per il patibolo.

       

L’ascensore si bloccò al nono piano con il suono di un rutto da birra andata di traverso. Le luci si spensero. L’ispettore Ventrella urlò in si bemolle: — Uh, madonna mia! E mmo’ come facciamo?

— Come facevano gli antichi — lo redarguì severo, il commissario Masciopinto.

— E come facevano? — domandò con ansia trepida Ventrella.

— E che cazzo ne saccio? — replicò seccamente il suo superiore. — Io sono moderno. Ai tempi degli antichi non ero ancora nato.

I due solerti investigatori si trovavano nell’unico grattacielo della città. Una torre di vetro ed acciaio che svettava su campanili scrostati e condomini ancora più scrostati, oltre che abusivi. Era la sede dell’assessorato ai lavori pubblici, dove per decenni si era provveduto all’unico lavoro pubblico che aveva senso: costruire a suon di tangenti la sede dell’assessorato ai lavori pubblici. È vero: sembra un gatto che si morde la coda, ma i gatti non è che tengono tempo per capire la geometria. E nemmeno gli assessori, se è per questo.

      

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