È possibile, senza scatenare l’ira del lettore, abbandonarsi al perverso piacere di una non-recensione? Nel caso di Freddo Sud della cinquantenne scrittrice svedese Liza Marklund diventa quasi un imperativo morale: e se si avrà la pazienza si seguirci fino in fondo si capirà e – forse – apprezzerà anche il motivo.

Un po’ di cronistoria editoriale, per cominciare.

La Marklund esordisce in Svezia nel 1998 col romanzo Sprängaren (pubblicato in Italia da Mondadori nel 2001 col titolo Delitto a Stoccolma, rispettando stranamente la cronologia di uscita in patria) in cui fa la sua comparsa Annika Bengzton, giornalista di punta del tabloid “Stampa della sera”. Visto il successo l’autrice, in modo abbastanza inconsueto, decide di percorrere decisamente la strada del prequel; in quattro anni escono tre romanzi: nel 1999 Studio Sex (Mondadori, 2002 col medesimo titolo), nel 2000 Paradiset e nel 2002 Prime Time (Mondadori, 2004 col titolo I dodici sospetti). Sì, avete letto bene: dopo un’iniziale fedeltà all’originale successione dei romanzi, la Mondadori “salta” una tappa e si torna alla “normale” – in Italia – disinvoltura editoriale

Con Den röda vargen del 2003 la Marklund riprende il comodo sentiero del sequel e riannoda i fili lasciati in sospeso col titolo d’esordio: e in Italia? L’autrice sembra scomparsa, in sorprendente controtendenza con un mercato che richiede voracemente qualunque noir provenga dalle gelide regioni del Grande Nord. Solo nel 2008 riappare sui nostri scaffali, cambiando però “maglia”: stavolta gioca con la collaudata squadra della Marsilio che ha lanciato gli autori scandinavi in Italia a partire da Henning Mankell. L’editor della casa editrice veneziana decide però di non colmare l’ellissi logico-cronologica lasciatale in eredità dalla Mondadori e propone Il Lupo Rosso, traduzione appunto del già citato Den röda vargen; probabilmente Paradiset non sarà apparso appetibile per il nuovo esordio, ma sta di fatto che nelle note biografiche dell’autrice in terza di copertina si dichiara, sin troppo sinteticamente, che si tratta del quinto episodio della serie, senza specificare se e quando le precedenti puntate abbiano visto la luce.

Intanto la Svezia, tra il 2005 e il 2007, è travolta dal ciclone Stieg Larsson e dalla sua trilogia Millennium; sono tre fluviali romanzi che teoricamente si possono leggere in maniera indipendente l’una dall’altro, ma chi ci prova lo fa a suo rischio e pericolo: soprattutto gli ultimi due sono così strettamente legati che una fruizione non cronologica rovinerebbe gran parte della suspense che l’autore è riuscito a creare.

Sarà un caso, ma, dopo un silenzio di tre anni – almeno sul versante della sua Annika Bengzton – la nostra Marklund riprende le avventure della sua giornalista preferita e cosa fa? Tra il 2006 e il 2008 pubblica tre nuovi episodi della serie che però sono talmente interdipendenti da formare una compatta trilogia all’interno del ciclo: Nobels testamente, Livstid e En plats i solen che Marsilio, stavolta diligentemente, traduce in sequenza, dal 2009 al 2011, coi titoli Il testamento di Nobel, Finché morte non ci separi e – appunto – Freddo Sud.

E qui il vostro recensore s’imbatte nell’insostenibile pesantezza del suo lavoro: al di là infatti della tradizionale prudenza da esercitare in caso di noir per evitare al lettore spiacevoli anticipazioni, qui accennare anche per sommi capi alla vicenda di Freddo Sud imporrebbe di svelare la soluzione del precedente romanzo e almeno qualche importante indizio de Il testamento di Nobel. Non essendo – come reciterebbe il Codice della strada – il pericolo adeguatamente segnalato in copertina o nei risvolti, abbiamo la presunzione di mettere in guardia il lettore: o assapora l’intera trilogia o corre il rischio di farsi cattivo sangue (beh, è capitato anche a noi…).

Siccome però, al termine di questa non-recensione, qualcosa del romanzo lo dovremmo pur dire, possiamo anticipare, senza turbare nessuno, che la nostra Annika si trova spodestata dal suo trono di inviata e torna ai turni redazionali della “Stampa della sera”; che il suo matrimonio – apparentemente naufragato – riserva ancora più di una sorpresa; che l’autentica ossessione di ogni bravo scandinavo – le calde regioni mediterranee, preferibilmente la Spagna – è qui adeguatamente rappresentata perché l’azione si svolge in gran parte in Andalusia; che chi volesse infine conoscere i misteriosi e fantasiosi sentieri del riciclaggio del denaro sporco, proveniente dal commercio di droga, qui ha dell’ottimo cibo per i suoi denti.

E – in cauda venenum – dobbiamo aggiungere che il modello tardo-appendicistico alla Stieg Larsson – fatto di continui colpi di scena, cambi di location e pure di adolescenti sin troppo smaliziate – opera in profondità, conferendo alla vicenda una complessità e un ritmo diversi rispetto alle prime prove della Marklund.

La concorrenza – si sa – migliora il prodotto...

Voto: 7